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Crisi, bimba esclusa dalla mensa: studentessa fuori sede le paga la retta
Roma, 23 aprile 2013 - Una bambina in difficoltà economiche, una studentessa fuori sede. La piccola, deperita e sottopeso perché esiliata all'ora di pranzo dagli altri bambini: la sua famiglia non ha i soldi per pagarle la mesa. La studentessa, legge la sua storia su un giornale locale - Provincia di Pavese - e decide: "Pago io la mensa a quella bambina". Questa storia di 'crisi', che colpisce per i suoi giovani protagonisti, è accaduta pochi giorni fa a Vigevano. Inoltre, la piccola allieva in difficoltà economiche, da qualche settimana, oltre a non poter mangiare a mensa con gli altri bambini, non riesce più neanche a mangiare il suo solito panino che la mamma ogni giorno, da sei mesi, le mette nello zaino insieme a una bottiglietta d'acqua.
Difficoltà economiche quindi: in casa lavora solo il padre - ma non sempre - , quell'unico stipendio basta giusto a pagare l'affitto, le utenze e le rette d'iscrizione all'asilo, ma non la mensa. La mamma, preoccupata, si rivolge al medico: l'esito della visita è un certificato medico sul quale è scritto a chiare lettere che la piccola deve mangiare pasti regolari, a pranzo e a cena. Ed è a questo punto che entra in gioco Gloria Spezziga di Valledoria, provincia di Sassari, ma studentessa universitaria a Pavia. Legge la notizia sulla Provincia e si offre di pagare i 90 euro necessari per far mangiare la piccola. Avrebbe voluto rimanere anonima, ma la notizia non ha tardato a circolare. "Ma non sapevo come fare per raggiungere la famiglia della piccola e poi ero troppo amareggiata dopo aver letto la storia - ha detto Spezziga a La Nuova Sardegna- per cercare soluzioni. Così, ho telefonato al giornale, chiedendo come prima garanzia l'anonimato. Poi ho spiegato il motivo della telefonata. Sono stata l'unica a farmi avanti, mi è stato detto", e per questo è stata anche più volte intervistata.

Gloria Spezziga è iscritta all'ultimo anno di Giurisprudenza, figlia di una famiglia della medio borghesia del centro costiero nella Valle del Coghinas. Il padre è un piccolo imprenditore edile, la mamma casalinga, il fratello più grande è laureato in Architettura, la sorellina più piccola frequenta la seconda media. "Ma non navighiamo nell'oro- si è affrettata a spiegare lei- L'edilizia è in crisi e i miei fanno sacrifici per farmi studiare qui a Pavia, ma non credo che possano cambiarci la vita 90 euro al mese in più di spese. Vorrà dire che rinuncerò a una parte della mia paghetta, ma non potevo fare altrimenti. Leggere la storia della bambina mi ha fatto male, ma mi ha fatto ancora più male scoprire che nessun altro si era offerto di aiutarla".

"La mia richiesta di anonimato è stata rispettata - continua la studentessa -ma ora ho deciso di presentarmi perché non ho niente da nascondere, perché porto avanti valori sani e onesti e porterò avanti questa battaglia perché voglio che nel prossimo anno scolastico la bambina, e tante altre come lei, abbiamo i pasti garantiti a scuola". E ancora: "Non voglio essere presa come un'eroina dei nostri tempi - ha sottolineato - Solo che non pensavo che potessero succedere episodi del genere. Ma come si fa a dividere i compagni di scuola all'ora di pranzo mandando quelli che pagano in sala mensa e gli altri in un angolino a mangiare quel che si sono portati da casa? Ma soprattutto è assurdo che nessuno sia intervenuto per segnalare il deperimento fisico della bambina. Si è atteso che un medico certificasse la sua quasi anoressia per affrontare il problema, ma sempre comunque senza farla mangiare alle mensa per recuperare le forze perdute. Per 90 euro. Ma in che posto siamo?".

da quotidiano.net 23/04/2013

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