"Anche Famiglia Cristiana (non proprio un giornale eversivo) chiede al Ministro Pinotti (Ministro della Difesa, PD) se "sia davvero legale vendere armi all'Arabia Saudita".
I sauditi, indicati da tutti come sostenitori indiretti dei fondamentalisti, stanno bombardando da mesi i ribelli sciiti in Yemen. Ovviamente questi bombardamenti hanno già prodotto migliaia di vittime civili (di cui 830 tra bambini e donne).
Ebbene sono state trovate bombe di fabbricazione italiana in Yemen. La Pinotti dice che è tutto regolare e che l'Italia vende armi a norma di legge. Eppure l'Italia nel 1990 si è dotata di una buona legge, la 185, che vieta espressamente le esportazioni di tutti i materiali militari e loro componenti verso i Paesi in stato di conflitto armato.
Il PD al posto di attaccare ogni giorno il M5S si muovesse! Vanno bloccate immediatamente le forniture di armi a tutti gli sceicchi.
I sauditi stanno comprando mezza Europa ma l'interesse nazionale e la sicurezza degli italiani è più importante degli affari che si fanno con i sistemi d'arma."
La foto ritrae Renzi con il Principe ereditario e Ministro dell’Interno dell'Arabia Saudita, Mohammed bin Nayef, durante la sua visita a Riad l'8 e il 9 novembre.
La guerra al terrorismo portata avanti finora non ha prodotto risultati, se non quello di rafforzare i terroristi che ora dispongono di un territorio ricco di petrolio dalla cui vendita ricavano mezzo miliardo di dollari ogni anno. Per eliminare l'ISIS ed evitare massacri come quello di Parigi bisogna colpirlo prima di tutto nel portafoglio.
Tutti i Paesi che sostengono direttamente o indirettamente il terrore jihadista devono essere isolati e sanzionati, in particolare l'Arabia Saudita. Il M5S vuole eliminare il terrorismo islamico, non dialogare con i suoi finanziatori come ha fatto il premier italiano appena qualche giorno fa e che oggi tenta di riparare dicendo che "L'Italia intesa come Paese non fa affari" con i Paesi che finanziano il terrorismo. Può darci le prove? Cosa è andato a fare a Riad? Ci mancherebbe che ci facesse pure gli affari, ma con chi finanzia i terroristi non ci deve essere dialogo: vanno sanzionati. Che sicurezza può dare agli italiani un premier che va a parlarci come se niente fosse?
Nonostante tutto, continuamo ad esportare bombe all'Arabia Saudita, e invieremo 28 caccia al Kuwait!
Il Presidente del Consiglio mente vergognosamente. Intervistato su Sky Tg 24 ha dichiarato "L'Italia non fa affari con finanziatori del terrorismo". I fatti lo smentiscono. Secondo dati del Dipartimento USA ammontano a 40 milioni di dollari in 2 anni i finanziamenti all' Isis da Arabia Saudita, Kuwait, e Qatar.Tutti Paesi con i quali l'Italia fa affari, tramite anche partecipate pubbliche come Finmeccanica. L'8 e 9 novembre il premier italiano era in Arabia Saudita. Come denunciato da Amnesty International, l'Italia continua ad esportare bombe in quel Paese. Non solo.
Proprio poche ore fa da Cagliari è partito un carico di bombe destinato all'Arabia Saudita ed è arrivato questa mattina:
Aereo con #bombe da Cagliari atterrato in #ArabiaSaudita (probabilmente a base di Taif) #guerra #Yemen pic.twitter.com/WIOiCQYFzD
— Francesco Vignarca (@kkvignarca) 19 Novembre 2015
Il tutto in barba alla legge 185 del 1990 che vieta l'autorizzazione all'esportazione di armi verso Paesi in guerra.
Non è finita. L' 11 settembre il governo italiano ha firmato un memorandum d'intesa con il primo ministro kuwaitiano per spianare la strada ad un acquisto per 8 miliardi di euro di 28 caccia Eurofighter, costruiti da un consorzio europeo in cui Finmeccanica partecipa con una quota di quasi il 50%. Proprio quel giorno casualmente Finmeccanica ha registrato un +5,4% in Borsa.
A questa operazione i vari governi italiani lavorano dal 2012 ed il ministro Pinotti si è recato più volte in Kuwait. Di 375 milioni di euro è invece il volume delle esportazioni in armi verso l'Arabia Saudita (2005-2012). 146 milioni di euro è il volume d'affari delle armi italiane vendute in Qatar tra il 2012 ed il 2014. Tre paesi che finanziano Isis, tre Paesi con i quali l'Italia fa affari. Intanto la proposta del MoVimento 5 Stelle di istituire una Commissione d'inchiesta sulle attività illecite connesse al commercio di armamenti, è insabbiata al Senato dallo scorso gennaio.
Nei giorni scorsi Matteo Renzi ha fatto visita in Arabia Saudita, stringendo mani a sceicchi e principini che finanziano l'Isis e foraggiano i terroristi nella guerra siriana contro Bashar al Assad. Lui ha negato, ma la realtà è che ha mentito al Paese e agli italiani, perché l'Italia oltre a stringere accordi con Riad gli vende anche le armi. La notizia è di qualche giorno fa, precisamente risale alla mattinata del 19 novembre quando risulta essere atterrato proprio in Arabia Saudita un cargo carico di bombe MK-80 fabbricate in Sardegna, partite nei giorni scorsi dall'aeroporto di Cagliari Elmas, con il rischio concreto di trasformare l'isola in un bersaglio terroristico. Si tratterebbe della seconda spedizione nel giro di tre settimane, in palese violazione della legge 185/90 sull'export di armi in Italia. Il nostro deputato Manlio Di Stefano ne ha dunque chiesto conto al governo nel question time di oggi, invitando Renzi e i suoi a interrompere ogni vendita di armi ai sauditi, nonché a tutti i Paesi coinvolti in conflitti. Il M5S chiede un disarmo globale. Questo è il punto di arrivo. Più volte abbiamo chiesto al ministro della Difesa Pinotti di chiarire la posizione del governo italiano in merito alle esportazioni di armamenti. In particolare, di spiegarci la prosecuzione del commercio d'armi con l'Arabia Saudita nonostante altri paesi europei, come la Germania, l'abbiano interrotta da un anno a causa dei rapporti ambigui del paese del Golfo rispetto al finanziamento al terrorismo. L'Arabia Saudita, infatti, rappresenta uno dei principali clienti della nostra industria militare. Dalle Relazioni inviate dal Governo alle Camere si ricava che nel quinquennio 2010-2014 la destinazione principale dei nostri armamenti è stata il Medio Oriente per un ammontare di 5 miliardi di euro, rispetto ai poco meno di 4 miliardi del quinquennio 2005-09, di cui un miliardo e 200 milioni riferito alle armi vendute all'Arabia Saudita, che negli ultimi dieci anni ha aumentato del 156% le spese militari. Eppure il Rapporto sul rilascio delle autorizzazioni alle esportazioni d'armi relativo al 2014, scritto dai ministeri di Esteri, Difesa, Interno, Economia e finanze e Sviluppo economico, è fermo nelle Commissioni senza mai essere stata discusso. Per questo abbiamo chiesto e ottenuto in commissione Esteri l'incarico di studiare il rapporto e presentare una relazione di minoranza entro breve, a cura di Stefano Lucidi. Abbiamo anche chiesto alla Pinotti, con un'interrogazione a firma dei senatori Bruno Marton e Vincenzo Santangelo, di anticipare il rapporto relativo al 2015, affinché tutta la verità sul commercio di armamenti dell'Italia con i paesi del Golfo venga a galla. Il M5S non si sveglia certo ora: già nel 2013 presentammo una proposta di legge a prima firma Michela Montevecchi per chiedere l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite collegate alla produzione italiana di armamenti ed al loro commercio, e sul collegamento tra le industrie del settore e le istituzioni. Dal primo momento, quindi, il M5S ha capito come per combattere il terrorismo occorra affamarlo. Peccato che il governo non la pensi allo stesso modo, e preferisca invece dar "da mangiare" alle industrie delle armi e a certi Paesi in odore di doppiogioco.
Le proposte di Giorgio Sorial
"Gli attacchi di Parigi sono stati terribili e hanno scosso la coscienza e la percezione di ognuno di noi. Nella capitale francese è stata realizzata una vera e propria azione militare con un commando specificatamente addestrato e pronto a morire.
Gli attacchi di Parigi sottolineano ormai quanto siano deboli e facilmente attaccabili i sistemi occidentali, incerti e fortemente divisi sulle forme di contrasto al terrorismo e il nostro Paese, con il Giubileo alle porte, rischia di oggi di divenire il primo bersaglio dei fondamentalisti.
Se i fatti di Parigi rappresentano l'11 settembre europeo, quel che è certo è che occorre rispondere in modo totalmente diverso da come si è risposto dopo l'11 settembre statunitense. Questo perché, da quando si è dichiarata una guerra totale al terrore, il terrore è proliferato: i dati del Global Terrorism Index rivelano che le vittime del terrorismo sono quintuplicate dagli attacchi alle Torri Gemelle e nonostante i 4.400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Iraq, Afghanistan e in altre aree di crisi sono nate nuove sigle jihadiste.
Come combattere efficacemente il terrorismo
Negli ultimi 45 anni, sempre secondo il Global Terrorism Index, l’80% delle organizzazioni terroristiche è stato neutralizzato grazie al miglioramento della sicurezza e alla creazione di un processo politico finalizzato alla risoluzione dei problemi che erano alla base del sostegno ai gruppi terroristici. Appena il 7% è stato eliminato dall’uso diretto della forza militare.
Gli attentati di Parigi e i loro esecutori dimostrano ancor di più che il terrorismo 2.0 si affronta internamente, non facendo alzare in volo un F35. L'Italia, ancor prima degli attentati di Parigi, aveva un disperato bisogno di sicurezza. Le forze dell'ordine sono sotto organico e mal equipaggiate. Le risorse sprecate in cacciabombardieri difettosi (ben 13 miliardi di euro) e in una guerra inutile, oltretutto persa, come quella in Afghanistan, vanno investite in sicurezza interna.
Come eliminare l'ISIS
La sicurezza è un investimento, non solo una voce di bilancio. Oltre alle forze dell'ordine è l'intelligence che necessita di sostegni ulteriori, anche attraverso la formazione di corpi d'élite.
Sappiamo tutti che oggi non c'è una soluzione immediata al terrorismo, ma sappiamo anche che il terrorismo è una macchina che va a benzina. Per togliergli la benzina occorre da un lato lavorare sul traffico di armi e dei finanziamenti ad ISIS e contemporaneamente spegnere, uno ad uno, i focolai che alimentano il jihad dandole forza di propaganda utile nel reclutamento di nuovi miliziani.
L'Italia deve:
- Ripristinare i fondi che il governo ha tagliato alle forze dell'ordine e dare maggiore sostegno all'intelligence
- Interrompere ogni rapporto e sanzionare tutti quei Paesi che (direttamente e indirettamente) sostengono il jihad. In particolare le monarchie del Golfo (su tutti Arabia Saudita), che contribuiscono a finanziare in modo illegittimo milizie jihadiste con la compiacenza dell'Occidente. A Riad è in vigore la "sharia" così come a Raqqa, quartier generale dell'Isis. A Riad le donne non possono guidare, non hanno alcun diritto, è in vigore la pena di morte, la fustigazione, ma nel nostro governo nessuno sembra stupirsi, neppure quando all'Arabia Saudita viene concessa la guida del consiglio dei diritti umani dell'Onu. Non sembra stupirsi nemmeno Matteo Renzi, che solo pochi giorni fa era in visita proprio a Riad.
- Varare subito una moratoria sulla vendita di armi ai Paesi coinvolti in conflitti, anche indirettamente, anche in guerre per procure come quella siriana (sono stati dati diritti alle merci, tra cui le armi e tolti alle persone. Oggi vogliono limitare la libertà delle persone ma non quella delle armi).
- Rafforzare le nostre frontiere: siamo la porta di ingresso in Ue, l'Italia è sottoposta a rischi maggiori. Servono maggiori controlli, controlli efficaci.
- Introdurre misure volte alla prevenzione del terrorismo, misure atte ad avviare processi di de-radicalizzazione, che nel decreto Alfano sono assenti. Non possiamo sempre reagire, bisogna anticipare l'ipotesi di attacchi. Non sarà un aumento delle pena di prigione a convivere un kamikaze a non farsi saltare in aria in una piazza.
La stabilità in medioriente è condizione necessarie per sconfiggere il terrorismo. Quindi:
- Ritirare immediatamente le truppe italiane dall'Afghanistan
- Coinvolgere nel processo diplomatico attori cruciali ma finora rimasti al margine del dibattito internazionale, come Lega araba e Unione africana.
La politica estera dei cittadini
I governi europei finora hanno portato avanti iniziative di politica estera non considerando gli interessi e le volontà dei propri popoli. Anziché colpire il terrorismo e salvaguardare la sicurezza e le frontiere d'Europa, hanno garantito interessi privati delle multinazionali e perseguito altri obbiettivi. La situazione sta precipitando ed è necessario un cambiamento di rotta drastico e immediato.
Se la responsabilità degli attentati in Francia è dell'ISIS e l'obiettivo comune è smantellare l'organizzazione dello Stato Islamico nel territorio in cui si è insediato in Siria e Iraq, si inizi con l'individuare e il punire chi compra il loro petrolio, con i proventi del quale finanziano la loro struttura e le attività terroristiche in tutto il mondo. Stime indicano che si tratta di 500 milioni di euro ogni anno. Chi finanzia i terroristi va considerato loro pari.
Tutti insieme contro il terrorismo
L'Europa deve riconoscere come suo alleato qualsiasi Paese mostra il chiaro interesse di combattere il terrorismo, compresa la Russia. L'Italia e i Ventotto devono innanzitutto revocare le sanzioni sancite nei confronti di Mosca per facilitare il percorso di cooperazione e lo svolgimento delle attività diplomatiche. Il governo italiano ha il dovere di agire per garantire la sicurezza interna dei cittadini italiani.
Condanniamo ogni forma di violenza, odio e terrore. Siamo vicini al popolo francese e a tutti nostri connazionali coinvolti. Ci stringiamo attorno al dolore della famiglia di Valeria Solesin.
Quando nasce l’ISIS, come si è formato?
Come è stato possibile che alcuni jihadisti in possesso di armi di produzione nord-americana siano riusciti a controllare territori di due grandi Paesi come la Siria e l’Iraq?
L’ISIS nasce dalle guerre occidentali, e nasce anche dagli errori commessi dagli Stati Uniti e dalla Nato in Medio Oriente.
Per comprendere meglio la storia dell’ISIS, occorre tenere in mente tre personaggi e due guerre:
Il primo personaggio è Osama bin Laden, capo di al Qaida dal 1988 al 2011
Il secondo personaggio è Ayman al-Zawahiri, successore di Bin Laden.
Il terzo personaggio è Abu Musab al-Zarqawi, uno dei rivali di Bin Laden e di Al Qaida all’interno del movimento dei mujaheddin.
Le due guerre sono:
Prima Guerra del Golfo, 1990. In quegli stessi anni bin Laden lancia la sua “guerra santa” all’Occidente ed è in quegli stessi anni che gli Stati Uniti si convincono che la “democrazia” non sia tanto un valore identitario, quanto soprattutto una merce da esportare e vendere a buon prezzo. Al prezzo di una guerra, ovviamente. E’ in quegli stessi anni che la lotta al terrorismo diventa un’autostrada da seguire dietro specifici interessi economici e geopolitici.
La seconda guerra da considerare è l’invasione dell’Iraq, nel 2003. Il governo statunitense mente sulla detenzione delle armi di distruzione di massa da parte di Saddam Hussein e invade l’Iraq. Muoiono 227 mila bambini in soli 8 anni, tra il 1990 e il 1998. Ma gli uomini del terrore rimangono quasi tutti in vita.
La distruzione dell’Iraq da parte dell’Occidente determina un passaggio epocale per il fondamentalismo islamico. Subito dopo infatti:
• 2004: Zarqawi fonda Al Qaida in Iraq (AQI)
• 2010: Abu Barkr al-Baghdadi prende la leadership di AQI camabiandone il nome, nel 2013, in Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL)
• Giugno 2014: rottura tra ISIS e Al-Qaida. Al-Baghdadi assorbe una parte del fronte Al-Nusra, una milizia siriana di matrice qaedista, e autoproclama la nascita del Califfato (IS)
Una delle domande più ricorrenti negli ultimi anni è se gli Usa fossero mai stati a conoscenza dei piani di al Baghdadi, visto che lo stesso era stato detenuto per 4 anni in una prigione americana in Iraq.
La risposta ce la dà un documento del Pentagono recentemente reso pubblico (non “declassificato”, che è il declassified americano), secondo cui già nel 2012 l’intelligence USA aveva predetto la nascita dello Stato Islamico in Iraq e Siria ma piuttosto che combatterlo, l’ha visto come un’ “opportunità” strategica per isolare Bashar al Assad e ridurre “l’espansione sciita”. Al Assad, come sapete, è l’attuale presidente della Siria, Bashar al Assad è infatti di etnia alawita, una branca dello sciismo: complicato. Possiamo dire “Al Assad, come sapete, è l’attuale presidente siriano ed è di etnia sciita, mentre il resto della popolazione siriana è in gran parte sunnita”?
Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti: la Siria è terra di nessuno con migliaia di jihadisti che si dicono pronti a colpire l’Europa. Questo significa che la coalizione internazionale a guida Stati Uniti che da oltre un anno ha l’obiettivo di combattere l’Isis ha fallito.
Ecco cosa dichiara l’ex capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini
Sembra evidente che le bombe sganciate dalla Nato negli ultimi 15 anni abbiano solo contribuito ad aumentare l’odio del mondo arabo verso l’Occidente. A dirlo senza possibilità di smentita è l’annuale ricerca dell’Institute for Economics and Peace sul terrorismo globale (Global Terrorism Index) che pubblica dei dati tanto inconfutabili quanto scioccanti.
Le vittime del terrorismo sono addirittura quintuplicate dagli attacchi dell’11 settembre 2001 ad oggi! E questo nonostante la “guerra al terrore” lanciata dagli Usa. E soprattutto, nonostante gli oltre 4.400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Iraq, Afghanistan e in operazioni antiterrorismo in giro per il mondo.
Nel 2000 le vittime del terrorismo sono state 3.361, mentre lo scorso anno il numero è salito a 17.958.
La ricerca ci dice anche che negli ultimi 45 anni l’80% delle organizzazioni terroristiche è stato neutralizzato grazie al miglioramento della sicurezza e alla creazione di un processo politico finalizzato alla risoluzione dei problemi che erano alla base del sostegno ai gruppi terroristi.
Solo il 7% è stato eliminato dall’uso diretto della forza militare.