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Quella appena passata è stata una settimana storica non solo per il Veneto ma per l’Italia intera. Dopo un anno e 4 mesi, 32 udienze e le deposizioni di 102 testimoni si è arrivati alla sentenza del processo sullo scandalo Mose.

I giudici hanno ritenuto Matteoli colpevole di corruzione, per aver ricevuto denaro da Mazzacurati e per aver favorito l’amico Cinque nell’ottenimento di appalti di bonifiche a Porto Marghera. Per entrambi una pena di 4 anni di reclusione e la confisca di 9 milioni 575 mila euro ciascuno. Assoluzione e prescrizione per l'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni per  finanziamento illecito ai partiti. Cadute per prescrizione tutte le imputazioni mosse dalla Procura all'ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva, accusata di essere stata a libro paga del Consorzio Venezia Nuova, assolta inoltre dall'accusa di essere stata "pagata" con il collaudo dell'ospedale all'Angelo di Mestre. Condannati, infine,  l'imprenditore veneziano Nicola Falconi a due anni e 78mila euro di multa (per corruzione) e l'avvocato Corrado Crialese a un anno e dieci mesi e 1000 euro di multa, pena sospesa (per millantato credito).

 

I veneti volevano pene esemplari per la più grande mazzetta della storia d’Italia, invece siamo qui a commentare ancora una volta un processo che finisce all’acqua di rose. Ovvio che le sentenze vanno rispettate, e che il pronunciamento del giudice è sacro. Ma qui appare chiaro lo scollamento fra quel che è giusto nel senso della giustizia e quel che invece è ingiusto dal punto di vista della correttezza verso i veneti: dove sono finiti tutti quei soldi? Cosa accadrà con la prescrizione? Cosa è successo davvero attorno al Mose? A queste e alle tante domande che i cittadini si pongono ora, a poche ore dalla sentenza, servono risposte.

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