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Innanzitutto alcune informazioni sull'uso dei prodotti fitosanitari in Veneto, e di seguito i dati dell'ARPAV relativi al consumo di fitofarmaci in Veneto, elaborati e commentati da Gilberto Carlotto del WWF gruppo Altamarca che ringraziamo.

Premessa

Il Consorzio di Tutela del Prosecco Superiore Conegliano-Valdobbiadene redige annualmente un protocollo vitivinicolo che elenca i principi attivi dei prodotti fitosanitari ammessi nella DOCG Prosecco Conegliano-Valdobbiadene.

Nonostante il folpet non sia ammesso, è comunque presente in 3 delle 5 bottiglie di Prosecco DOCG Conegliano-Valdobbiadene analizzate dal Comitato Colli Puri, di cui è possibile vedere una scheda riassuntiva con i residui riscontrati, senza indicare il nome dei produttori in cui sono stati riscontrati i residui.

Ogni anno la Regione Veneto emette una deroga che concede la possibilità di utilizzare sostanze altrimenti vietate. Nel 2016 ha consentito ad esempio l'utilizzo di Mancozeb, Folpet, Dithianon e Fluazinam, come indicato  nell'
autorizzazione emessa dal Settore Fitosanitario della Regione Veneto il 2 marzo 2016.

Il risultato è che i prodotti fitosanitari vengono non solo assimilati dalla popolazione attraverso l'aria, ma anche attraverso l'acqua, come evidenziato dal rapporto ISPRA 2016 . Notare che il Veneto ancora non monitora la presenza del glifosate e del suo metabolita AMPA, che "sono i principali responsabili della non conformità nelle acque superficiali. Il glifosate, d’altra parte, è uno degli erbicidi più utilizzati a livello nazionale e dovrebbe essere inserito nella rete di monitoraggio.
Nelle acque superficiali ci sono residui nel 74,8% dei punti e nel 53,4% dei campioni investigati. Sono state rinvenute 42 sostanze: le più frequenti sono metolaclor, terbutilazina e terbutilazina-desetil.
Nelle acque sotterranee è stata riscontrata la presenza di residui nel 29,7% dei punti e nel 22,2% dei campioni. Sono state rinvenute 13 sostanze: le più frequenti sono terbutilazina-desetil e atrazina-desetil": da notare che l'utilizzo dell'atrazina è vietato, in Italia, dal lontano 1992!
 

Dati sul consumo di fitofarmaci in Veneto - Progetto FAS (ARPAV)

 

Tabella comparative delle vendite dei prodotti fitosanitari per ogni provincia del Veneto - Chilogrammi di fitofarmaci venduti per ciascuna provincia

 

Prov FAS-2012 FAS-2013 FAS-2014 FAS-2015 FAS-2016 FAS-2017 FAS-2018
BL 36.122,00 37.465,16 49.263,57 45.875,01 35.154,55 23.207,64 28.568,16
PD 1.504.532,03 1.669.396,23 1.563.333,17 1.536.640,59 1.393.611,09 1.436.394,08 1.495.614,50
RO 1.687.884,63 1.732.154,88 1.624.470,51 1.721.249,39 1.761.873,60 1.598.383,67 1.611.972,04
TV 3.266.876,76 3.159.488,93 4.121.821,68 3.692.438,94 4.085.606,04 3.909.874,59 4.622.881,52
VE 1.495.025,00 1.556.683,75 1.594.499,44 1.499.237,04 1.380.147,43 1.405.579,76 1.480.010,29
VI 1.154.039,33 1.103.815,86 1.202.766,33 1.103.686,75 1.099.499,75 964.886,04 1.496.254,36
VR 5.631.372,19 6.574.797,76 7.329.111,11 7.042.929,83 7.164.138,24 7.071.619,58 7.426.562,47
Tot. Kg 14.775.851,94 15.833.802,57 17.485.265,81 16.642.057,55 16.920.030,70 16.409.945,36 18.161.863,34
 

Gli obiettivi previsti dal DLgs.150/2012 e dal PAN, sulla riduzione dell'uso dei prodotti chimici fitosanitari, sono stati disattesi dai dati di vendita di pesticidi in Veneto.

Inoltre va sottolineato gran parte di questi ha effetti cronici sulla salute, ad esempio il 32.3% (1.194.129kg) dei pesticidi utilizzati nel 2015.

 

"Classi di Rischio" dei prodotti fitosanitari venduti nella provincia di Treviso, suddivisi per le 3 ULSS del territorio

CL rischio

ULSS 7

ULSS 7

 

ULSS 8

ULSS 8

 

ULSS 9

ULSS 9

verificate

2013

2014

 

2013

2014

 

2013

2014

T+/T

159.195

165.876

 

79.409

127.131

 

174.269

303.887

Xn

523.192

601.572

 

351.444

307.831

 

836.768

1.062.904

Xi

355.134

500.901

 

172.708

188.737

 

450.193

763.825

N

14.282

34.343

 

8.705

8.613

 

15.794

26.325

nc

8.434

13.579

 

6.016

9.050

 

3.945

7.247

Totale

1.060.237

1.316.271

 

618.282

641.362

 

1.480.969

2.164.189

 

increm%

24,15%

 

increm%

3,73%

 

increm%

46,13%

Gli obiettivi previsti dal DLgs.150/2012 e dal PAN, sull'uso di prodotti chimici fitosanitari aventi classi di rischio meno tossiche, sono stati disattesi dai dati del progetto FAS-2014.

 

Principi attivi più venduti nel 2014 in provincia di Treviso

Kg/Litri anno 2014

intervento

effetto cronico

Tossico API

Classe rischio

Zolfo

1.218.788

fungicida

   

Xi

Rame ossicloruro

266.574

fungicida

   

Xn,N

Glyphosate

235.962

erbicida

vario

Rame polt.bordolese

227.040

fungicida

   

Xn,N

Mancozeb

221.671

fungicida

si

Xn,N

Rame idrossido

219.148

fungicida

   

T,N

Folpet

199.813

fungicida

si

Xn,N

Metiram

198.250

fungicida

si

Xn,N

Rame solfato

137.798

fungicida

   

Xn,N

Lambda-cyhalothrin

118.535

insetticida

 

high

T+,T,N

Terbuthylazine

82.901

erbicida

   

Xn,N

Chlorpyrifos

69.595

insetticida

si

high

T,N

Cymoxanil

69.451

fungicida

si

 

Xn,N

Tefluthrin

69.349

insetticida

si

high

T+,T,N

Diisopropilnaftalene sulfonato Na

43.836

coadiuvante

   

Xn,N

Metaldehyde

43.524

molluschicida

   

T,H

Tebuconazole

40.035

fungicida

si

 

Xn,N

Solvent naphtha heavy/light

38.951

coadiuvante

si

 

Xn,N

Cyazofamid

35.294

fungicida

   

N

Fosetyl-aluminium

32.857

fungicida

   

Xi

Paraffin oil

32.166

insetticida

si

high

Xn,N

 

 


 

Dati sul consumo di fitofarmaci nella provincia di Treviso nel 2013 - Progetto FAS

Consumo fitofarmaci in provincia di Treviso. Dati del 2013

 

 

aree

ULSS-7 Kg

ULSS-8 Kg

ULSS-9 Kg

Totale Kg

 

Tossico API

Rame idrossido

38.369,55

15.799,00

48.750,25

102.918,80

fungicida

moderate

Tefluthrin

44.333,60

24.139,10

16.369,08

84.841,78

Insetticida

high

Chlorpyrifos

12.429,77

10.235,03

26.231,24

48.896,04

Insetticida

high

Metaldehyde

35.680,15

3.581,50

8.981,00

48.242,65

Molluschicida

moderate

Zeta-cypermethrin

1.873,51

7.703,48

19.181,05

28.758,04

Insetticida

high

 

I prodotti fitosanitari "Nocivi" più venduti, contengo i seguenti principi attivi

aree

ULSS-7 Kg

ULSS-8 Kg

ULSS-9 Kg

Totale Kg

 

Tossico API

Mancozeb

78.312,50

26.660,00

130.435,50

235.408,00

fungicida

low

glyphosate

47.549,75

42.097,75

122.679,13

212.326,63

erbicida

moderate

Rame ossicloruro

80.034,85

41.225,75

67.180,07

188.440,67

fungicida

moderate

Rame solfato

62.837,75

27.291,10

97.082,68

187.211,53

fungicida

moderate

Folpet

63.558,00

22.177,00

100.044,00

185.779,00

fungicida

low

Clothianidin

26.686,00

62.343,00

95.479,00

184.508,00

Insetticida

high

Metiram

57.883,20

19.923,00

42.209,00

120.015,20

fungicida

moderate

 

Dobbiamo riconoscere che, malgrado le campagne di sensibilizzazione, promosse dal "Consorzio DOCG", il MANCOZEB è ancora il principio attivo "NOCIVO" più presente nei fitosanitari venduti, del quale ricordiamo le frasi di rischio per la salute umana:
- POSSIBILE RISCHIO PER I BAMBINI NON ANCORA NATI
- POSSIBILE INTOSSICANTE DELLA TIROIDE
- PUÒ CAUSARE IPERTROFIA DELLE OVAIE

Interrogando il database del Ministero della Salute, abbiamo scoperto pesanti contraddizioni nell'assegnazione delle classi di rischio, contraddizioni che non considerano o dimenticano il "Principio di Precauzione" per la tutela dell'ambiente e della salute.

Alcuni esempi scaricati il 27/02/2015:

Mancozeb (classe di rischio Xn,N = Nocivo per la salute e per l'ambiente)
65 fitosanitari autorizzati classe di rischio Xn = Nocivo per la salute
39 fitosanitari autorizzati classe di rischio Xi = Irritante per la salute

Chlorpyrifos (etile e metile) ha classe di rischio T,N = Tossico per la salute e per l'ambiente
1 fitosanitario autorizzato classe di rischio nc = Non Classificato
19 fitosanitari autorizzati classe di rischio Xi = Irritante per la salute
46 fitosanitari autorizzati classe di rischio Xn = Nocivo per la salute
3 fitosanitari autorizzati classe di rischio T = Tossico per la salute

Rame Idrossido ha classe di rischio T,N = Tossico per la salute e per l'ambiente
3 fitosanitari autorizzati classe di rischio N = Nocivi e tossici per l'ambiente
31 fitosanitari autorizzati classe di rischio Xi = Irritante per la salute
15 fitosanitari autorizzati classe di rischio Xn = Nocivo per la salute
6 fitosanitari autorizzati classe di rischio T = Tossico per la salute

Questa variabilità delle classi di rischio confonde sicuramente tutti gli utilizzatori.

L'agricoltore ossequiente alle leggi ed alle raccomandazioni dei consorzi e degli agronomi, che vuole usare un fitosanitario meno tossico, utilizza quelli con classe di rischio inferiore, quali Xi (irritante) oppure N (pericoloso per l'ambiente) o ripiega su nc (non classificato). Ma, se un principio attivo T: Tossico o Xn: Nocivo è presente nei fitosanitari con classe di rischio Xi, N, nc, l'agricoltore volenteroso si ritrova ad utilizzare i medesimi principi attivi che voleva escludere. Risultato: benefici per l'ambiente e la salute = zero.

I prodotti fitosanitari li conosciamo dalle loro schede di sicurezza, nelle quali sono riportate tutte le informazioni tossicologiche conosciute, ma non in forma sufficientemente esplicita, anche per chi non è laureato in chimica o farmacia, perché non renderle di più facile interpretazione? Relativamente alle etichette dobbiamo segnalare che, non sempre, rappresentano una corretta espressione della classe di rischio del fitosanitario. C'é da rilevare che, talvolta, la classe di rischio assegnata nel database del Ministero della Salute, non coincide con quella indicata nell'etichetta, mentre alcune volte la casella "Indicazione di pericolo" del database ministeriale, risulta vuota.

Infine ricordiamo che l'analisi del " Progetto FAS-2013 Regione Veneto" sulla vendita dei fitosanitari, riserva altre sgradevoli sorprese per la salute e l'ambiente.
Il WWF ritiene veramente utili degli incontri pubblici per divulgare e risolvere i problemi emersi da questa analisi e mette a disposizione le sue conoscenze.
Quali saranno gli amministrazioni locali così sensibili, nel promuovere queste lodevoli iniziative?
È veramente strano che questa raccolta dati regionale annuale, passi completamente sotto silenzio e tutta la popolazione, che finanzia questa attività con le tasse, non ne venga correttamente informata!

gruppo WWF AltaMarca

Gilberto Carlotto


Pubblicazioni e informazioni correlate al consumo di fitosanitari

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Video relativi all'uso dei pesticidi

ByoBlu: servizio sui pesticidi (Trentino, Veneto, ...)

ISPRA: rapporto pesticidi nelle acque 2018

 

Servizio sui pesticidi di La Gabbia, LA7

Pesticidi e Tumori: video della conferenza di Pieve di Soligo, 7 giugno 2013

7' 52": Gianluigi Salvador, WWF Altamarca: introduzione
25' 08": Gustavo Mazzi, medico ospedaliero, presidente ISDE Pordenone: pesticidi, tumori ed altre malattie
1h 09'' 50": Massimo Ballali, attivista M5S: lettera di un genitore la cui figlia è affetta da Leucemia
1h 22' 40": Luciano Bortolamiol, WWF Altamarca: pesticidi nella DOCG prosecco
2h 06' 20": Gianni Girotto, portavoce M5S al Senato: situazione legislativa italiana
2h 22' 20": interventi del pubblico

L'intervento del Dr. Gustavo Mazzi dice, in sintesi, che:

  • il Veneto è la regione italiana che usa più fitofarmaci per ettaro, seguita da Sicilia e Campania;

  • si usano fitofarmaci di cui già è stata fissata la data (dal 2014 al 2020) dopo il quale saranno banditi in quanto troppo nocivi. Si utilizza massicciamente, in Veneto, il 1,3dicloropropene, un fumigante bandito ma ammesso alla vendita con autorizzazione straordinaria rinnovata di anno in anno;

  • principali effetti: il mancozeb è in grado di indurre i tumori e risulta inoltre un potente interferente endocrino; il glifosate è teratogeno; il chlorpirifos mostra effetti negativi sul sistema nervoso centrale soprattutto del bambini, nonché sul sistema respiratorio e cardiovascolare;

  • aspettativa di vita in aumento, tuttavia l'aspettativa di vita in salute risulta in calo, in Italia, ormai dal 2003, al contrario dei paesi del nord Europa in cui risulta in aumento.

  • incidenza tumorale nell'infanzia: confronto fra Italia ed Europa

    leucemie: Italia +1,6%,  Europa +0,6%

    linfomi: Italia +4,6%,  Europa +0,9%

    tutti i tumori: Italia +2%,  Europa +1,1%

  • I fitofarmaci agiscono anche come interferenti endocrini, determinando:

    disfunzioni ormonali, specie alla tiroide

    sviluppo puberale precoce

    diminuzione della fertilità maschile

    aumento abortività e gravidanza extrauterina

    disturbi autoimmuni

    diabete ed alcune forme di obesità

    elevato rischio di tumori

    deficit cognitivi, disturbi comportamentali, iperattività

    patologie neurodegenerative

  • Convenzione di Stoccolma: si pone l'obiettivo di proteggere la salute umana dagli inquinanti organici persistenti; è stata sottoscrittua da TUTTI i paesi del pianeta AD ECCEZIONE di USA, ITALIA, IRAQ, Uzbekistan, Turkmenistan e South Sudan!

Follina, 25/10/2013: Dai pesticidi al biologico

Convegno in cui vengono dapprima presentati quali sono i rischi per l'ambiente (uomo e animali) dovuto all'utilizzo dei fitofarmaci, con riferimento alla zona del Prosecco DOCG Conegliano-Valdobbiadene. Di seguito viene poi raccontata l'esperienza di un agronomo della zona del Chianti e del presidente di VinNatur circa l'organizzazione di un distretto per la produzione biologica. Infine, dibattito con domande pubblico con relative risposte.

{youtube}aiSKoSL5sDY{/youtube}

Miane, 07/02/2014: Pesticidi, Bambini, Salute

Pesticidi a Follina: violazione del Regolamento di Polizia Rurale

Pesticidi a Farra di Soligo, in via San Gallo: violazione del Regolamento di Polizia Rurale

Christian Zago, agricoltore biodinamico - Conegliano - 22/01/2013

Pesticidi e Salute - Verona - Marzo 2013

Riprese sbancamento di Costa Bavera - Refrontolo - Maggio 2013

Informazioni relative all'uso dei pesticidi in agricoltura

Pubblicazioni medico-scientifiche ed altri studi sui pesticidi

Principi attivi

Erbicidi

  • Glyphosate: è un erbicida non selettivo largamente utilizzato. In Europa sono stati vietati ad agosto 2016 numerosi prodotti fitosanitari che utilizzavano gli glyphosate insieme al coformulante POEA (un surfattante ottenuto dal sego, grasso animale).
    ISDE scrive che "Oggi il glifosato si trova al centro di un’accesa disputa internazionale che vede molti ricercatori e associazioni impegnati a bandirne la commercializzazione e gli usi agricoli ed extra-agricoli, non solo per la sua probabile cancerogenicità umana (linfoma non-Hodgkin) decretata da IARC nel 2015, ma anche per la sua tossicità endocrina, neurologica e riproduttiva, nonché per la sua ben nota ecotossicità. [...] In ogni caso, è poco consigliabile riproporre continuamente, come fonte primaria di dati, il report sui rischi del glifosato prodotto dall’EFSA, in quanto, com’è noto, si tratta in buona parte di un documento copiato da materiali forniti dall’industria, che certamente non rientrano nel novero degli studi scientifici indipendenti."
    Effetti del glifosate (dissecante) sull'ambiente e sull'uomo - ISPRA, 2014
    Approfondimenti sugli interferenti endocrini
    Erbicidi, cancro, e celiachia    

Fungicidi

  • Ditiocarbammati (Mancozeb, Metiram ...)
    Nel 2012 l'ULSS7 di Pieve di Soligo (TV) ha condotto un biomonitoraggio per individuare la concentrazione di ETU (ethyl thiourea) nelle urine di 260 adulti e 136 bambini residenti nell'area di produzione del Prosecco DOCG, non coltivatori; in questo studio l'ULSS7 evidenzia la presenza di ETU soprattutto in chi possiede un proprio orto, per il quale ha probabilmente utilizzato il principio attivo Metiram essendo molto in uso nel 2013 anche per gli orti familiari (il Mancozeb poteva essere venduto solo a chi era in possesso del patentino per i prodotti fitosanitari). L'ETU è una molecola che viene metabolizzata dal fegato a paritre dai ditiocarbammati, e risulta tossica per la riproduzione, cancerogena e mutagena.
    Secondo uno studio dell'Istituto Ramazzini, terminato nel 2002, la somministrazione di cibo contaminato da Mancozeb nei ratti, a partire dall' ottava settimana di vita fino alla 104esima settimana, ha evidenziato un aumento di diversi tipi di tumore nonché un'alterazione degli ormoni tiroidei, soprattutto a partire dalla loro 112esima settimana di vita; i risultati differivano da quelli fatti dalle industrie produttrici in quanto queste ultime, alla 104esima settimana, terminavano i test: come dire che nell'uomo somministro il Mancozeb a partire dall'età di 18 anni fino ai 60 anni, e non considero le possibilità che dopo i 60 anni possano svilupparsi malattie. Nella realtà la situazione dovrebbe poi essere peggiorativa, in quanto l'esposizione a questi contaminanti già dalla nascita o dal concepimento dovrebbe aggravare la situazione.
    Il biomonitoraggio è stato fatto prelevando i campioni di urina dal 11 giugno al 22 giugno 2012, periodo in cui secondo l'ULSS7 veniva maggiormente utilizzato il Mancozeb. Tipicamente i prodotti fungicidi come Mancozeb, Metiram e Propineb vengono solitamente consigliati in viticoltura nella prima fase, poi vengono consigliati prodotti fungicidi sistemici/citotropici, e nell'ultima fase i prodotti rameici. Volendo cercare residui di ETU nelle urine, avrebbero dovuto effettuare il prelievo delle urine nel periodo dal 2 al 12 maggio. L'ULSS7 avrebbe dovuto anticipare il monitoraggio di 6 settmane! [cfr. bollettini agronomici 2017: Bollettino Condifesa 20/03/2017 , Bollettino Condifesa 20/04/2017 , Bollettino Condifesa 02/05/2017 , Bollettino Condifesa 10/05/2017 , Bollettino Condifesa 17/05/2017 , Bollettino Condifesa 26/05/2017 , Bollettino Condifesa 08/06/2017 ]
    Analizzando i bollettini agronomici del 2012, si nota che i fungicidi ditiocarbammati sono consigliati fino al 28/04/2014, mentre successivamente vengono consigliati solo i fungicidi sistemici [cfr. bollettini agronomici 2012: Bollettino CoDiTv 24/04/2012 , Bollettino CoDiTv 14/05/2012 , Bollettino CoDiTv 01/06/2012 , Bollettino CoDiTv 13/06/2012 ]. Ciò nonostante, il risultato è stato che nel campione di cittadini non-agricoltori scelti, il 5.4% presentava una concentrazione di ETU superiore a 5ug/l.

Insetticidi

Cosa stabilisce la Direttiva 128/2009/CE

Articolo 14: Difesa integrata

1. Gli Stati membri adottano tutte le necessarie misure ap­propriate per incentivare una difesa fitosanitaria a basso apporto di pesticidi, privilegiando ogniqualvolta possibile i metodi non chimici, questo affinché gli utilizzatori professionali di pesticidi adottino le pratiche o i prodotti che presentano il minor rischio per la salute umana e l’ambiente tra tutti quelli disponibili per lo stesso scopo. La difesa fitosanitaria a basso apporto di pesticidi include sia la difesa integrata sia l’agricoltura biologica [...]

4. Gli Stati membri descrivono nei rispettivi piani d’azione nazionali il modo in cui essi assicurano che tutti gli utilizzatori professionali di pesticidi attuino i principi generali della difesa integrata riportati nell’allegato III al più tardi il 1 o gennaio 2014.

Quindi, dal 1 gennaio 2014 è obbligatorio l'uso della difesa integrata per tutte le colture agricole. I principi generali della difesa integrata sono elencati nell'allegato III della Direttiva, il quale è soggetto a modifica nel tempo per seguire l'andamento della tecnica al fine di ridurre sempre più l'utilizzo del mezzo chimico per il contrasto agli agenti nocivi.

Di seguito sono citate le misure da prendere, stabilite nell'allegato III del 2009:

  • Ai metodi chimici devono essere preferiti metodi biologici sostenibili, mezzi fisici e altri metodi non chimici se consentono un adeguato controllo degli organismi nocivi.
    Ad esempio, al dissecante/diserbante chimico va preferito l'uso del decespugliatore o falciatrice o sarchiatrice. Difatto i diserbanti risultano illegali dal 1 gennaio 2014 ovunque si possano usare i metodi fisici!
    Inoltre, anziché utilizzare gli insetticidi è necessario impiegare mezzi biologici quali l'utilizzo di insetti antagonisti, trappole fotocromatiche ed a feromoni, confusione sessuale, ....
  • I pesticidi sono quanto più possibile selettivi rispetto agli organismi da combattere e hanno minimi effetti sulla salute umana, gli organismi non bersaglio e l’ambiente.
    In altre parole, laddove sia realmente indispensabile utilizzare i pesticidi, vanno preferiti quelli a minor impatto ambientale.

Queste sono alcune misure obbligatorie dal 1 gennaio 2014. Vorremo che tutti gli agricoltori le conoscano e non le disattendano.

Limitazioni attuali nell'uso dei fitosanitari

Il DM 22 gennaio 2014 (PAN) stabilisce che a meno di 30 metri dal confine con aree frequentate dalla popolazione o dai gruppi vulnerabili (e quindi strade, piste ciclabili, luoghi pubblici ma anche residenti in quanto "fortemente esposti ai pesticidi sul lungo periodo"), è vietato l'utilizzo di prodotti fitosanitari che abbiano frasi di rischio indicate nella seguente tabella. E' da far presente che molti fungicidi normalmente utilizzati (ad esempio il metiram) rientrano nelle sostanze che non possono essere utilizzate in vicinanza alle aree frequentate dalla popolazione.

Tale distanza può essere ridotta a 10m qualora si verifichi uno dei seguenti casi:

  • presenza di siepe fitta, alta almeno 3 metri
  • irrorazione a tunnel ovvero con sistemi di recupero certificati
  • irrorazione soltanto verso l'interno e non in direzione dell'area frequentata
Frasi di rischio di prodotti fitosanitari che non possono essere usati in vicinanza alle aree frequentate dalla popolazione
Frase di rischio 1967 Frase di rischio CLP Descrizione Esempio prodotti fitosanitari vietati in vicinanza alle aree frequentate dalla popolazione
R40 H351 Sospettato di provocare il cancro (indicare la via di esposizione se è accertato che
nessun'altra via di esposizione comporta il medesimo pericolo).
 
R42 H334 Può provocare sintomi allergici o asmatici o difficoltà respiratorie se inalato.  
R43 H317 Può provocare una reazione allergica della pelle. Metiram
R60 H360F, H360Fd Può nuocere alla fertilità (H360F).
Può nuocere alla fertilità. Sospettato di nuocere al feto (H360Fd).
 
R61 H360D, H360Df Può nuocere al feto (360D).
Può nuocere al feto. Sospettato di nuocere alla fertilità (H360Df).
 
R62 H361f, H361fd, H360Df

Sospettato di nuocere alla fertilità (H361f).
Sospettato di nuocere alla fertilità Sospettato di nuocere al feto (H361fd).
Può nuocere al feto. Sospettato di nuocere alla fertilità (H360Df).

 
R63 H361d, H360Fd

Sospettato di nuocere al feto (H361d).
Può nuocere alla fertilità. Sospettato di nuocere al feto (H360Fd).

 
R68 H341, H371 Può provocare il cancro (H341).
Può provocare danni agli organi (H371).
 
T H301, H311, H330, H331, H370, H372 Tossico se ingerito (H301).
Tossico per contatto con la pelle (H311).
Letale se inalato (H330).
Tossico se inalato (H331).
Provoca danni agli organi (H370).
Provoca danni agli organi in caso di esposizione prolungata (H372).
 
T+ H300, H310; H330, H370 Letale se ingerito (H300).
Letale a contatto con la pelle (H310).
Letale se inalato (H330).
Provoca danni agli organi (H370).
 

 

Alcune informazioni sulla Difesa Integrata

Di seguito alcune informazioni tratte dal rapporto annuale di ISPRA sulla contaminazione delle acque da pesticidi 2013-2014.
A partire dalla fine degli anni 1960, è stato riscoperto il concetto di difesa integrata (in inglese IPM - Integrated Pest Management). La difesa integrata non è un concetto nuovo, ma era una pratica comune prima dell’avvento, a partire dalla seconda guerra mondiale, degli antiparassitari organici di sintesi. La pratica era stata abbandonata a favore del controllo chimico delle avversità, apparentemente molto più economico. La pratica è stata riscoperta in seguito alla conoscenza degli effetti negativi dell’uso di pesticidi chimici su larga scala.
La difesa integrata è una strategia che consente di limitare i danni derivanti dai parassiti delle piante utilizzando i metodi e le tecniche disponibili nel rispetto dell’ambiente e della salute dell’uomo.
Mentre la difesa chimica mirava all’eliminazione dell’agente di danno, la difesa integrata si propone di raggiungere un equilibrio che sia economicamente vantaggioso per l’agricoltore e rispettoso dell’uomo e dell’ambiente. La difesa esclusivamente chimica, infatti, richiede interventi costanti e sempre più frequenti per la sua efficacia di breve durata aumentando il rischio di comparsa di organismi bersaglio non più sensibili ai prodotti utilizzati.
Il concetto di difesa integrata è entrato ormai a pieno titolo nelle norme in materia di utilizzo dei prodotti fitosanitari in agricoltura. La Direttiva 128/2009 sull’uso sostenibile dei pesticidi e il relativo Piano d’Azione Nazionale incentivano la difesa fitosanitaria a basso apporto di pesticidi, privilegiando ove possibile i metodi non chimici, individuando due livelli di applicazione:

  • uno obbligatorio che riguarda l’applicazione di tecniche di prevenzione e monitoraggio dei parassiti, l’utilizzo di mezzi biologici per il loro controllo, il ricorso a pratiche di coltivazione appropriate e l’utilizzo di prodotti fitosanitari che presentano il minor rischio per la salute umana, tra quelli disponibili sul mercato;
  • uno volontario che prevede l’applicazione di disciplinari di produzione integrata, di cui la difesa integrata rappresenta un aspetto fondamentale.

L’aspettativa è che la difesa integrata continui a ridurre il ricorso ai pesticidi chimici di sintesi, con la consapevolezza che questi ultimi sono solo uno degli strumenti per il controllo delle avversità agronomiche.

Esposti e sentenze

Altre iniziative per la regolamentazione e riduzione dei pesticidi

Lista produttori biologici del Quartier del Piave

Di seguito una lista di aziende agricole che effettuano la produzione e vendita di prodotti biologici. Questa lista non ha l'ambizione di essere esaustiva e non ha alcuno scopo di lucro: un consumatore di prodotti biologici fa bene a se stesso, limitando l'assunzione di sostanze chimiche nel cibo, ma soprattutto fa bene agli altri, limitando l'inquinamento delle zone di produzione.

Sei un produttore biologico o biodinamico della zona fra Conegliano e Valdobbiadene? Scrivici, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. !

  • Cappella Maggiore
    • Az Agr. Le Driadi, Kiwi e uva
  • Colle Umberto
    • Az. Agr. Il Poggio, ortaggi, frutta, farina di mais, vino, succo di mela
  • Conegliano
    • Collatuzzo Giuseppe, Ogliano, uva e vino
    • Società agricola San Michele, Ogliano, latte, formaggio, ortaggi
  • Cordignano
    • Al Kars, ortaggi, frutta, uva da tavola, succo d'uva, salse, marmellate
    • Coan Mosè, vino e frumento
  • Farra di Soligo
    • Az. Agr. Canel Adamo, Col San Martino, vini
    • Perlage, Soligo, prosecco ed altri vini bio
  • Miane
    • Apicoltura Selvestrel Renato, Campea, miele bio
  • Monfumo
    • Az. Agr. Ghisolana, vini
  • Refrontolo
    • Ai Rorè, uva, vini
    • Ca' Rizzi, Refrontolo, prosecco biologico
  • Vazzola
    • Ali, abbigliamento in cotone e canapa
  • Vidor
  • Vittorio Veneto
    • Az. Agr. San Maman, prosecco

DM 22 gennaio 2014 (PAN)

R43

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Cosa prescrive il PAN-A.5.6.1 - Utilizzo dei prodotti fitosanitari ad azione erbicida

Con l'entrata in vigore in Italia, dal 13/02/2014, del PAN-2014 (Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari), le Autorità locali competenti per la gestione della flora infestante devono individuare, per l'ambiente urbano:

a) le aree dove il mezzo chimico è vietato;

b) le aree dove il mezzo chimico può essere usato esclusivamente all’interno di un approccio integrato con mezzi non chimici e di una programmazione pluriennale degli interventi.

In particolare sono previste le seguenti misure:

• i trattamenti diserbanti sono vietati e sostituiti con metodi alternativi nelle zone frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili, indicate al precedente paragrafo A.5.6;
• in caso di deroga non si può ricorrere, comunque, all’uso di prodotti fitosanitari che riportano in etichetta le seguenti frasi di rischio: da R20 a R28, R36, R37, R38, R42, R43, R40, R41, R45, R48, R60, R61, R62, R63, R64 e R68, ai sensi del decreto legislativo n. 65/2003 e s.m.i. o le indicazioni di pericolo corrispondenti di cui al regolamento (CE) n. 1272/2008.

Tali prodotti non devono, comunque, contenere sostanze classificate mutagene, cancerogene, tossiche per la riproduzione e lo sviluppo embriofetale, sensibilizzanti, ai sensi del regolamento (CE) n.1272/2008.

Gran parte degli erbicidi attualmente in uso hanno le seguenti caratteristiche:

1. sicuramente sono tutti tossici o nocivi per l'ambiente acquatico: classe di rischio = N;

2. la maggioranza è composta da principi attivi con classe di rischio Xn = nocivo per la salute;

3. purtroppo alcuni di questi principi attivi hanno classe di rischio T = tossico per la salute;

4. hanno sicuramente le frasi di rischio acute da R20 a R43, quindi non utilizzabili;

5. molti principi attivi hanno frasi di rischio croniche da R45 a R68, quindi non utilizzabili;

6. molti di questi erbicidi soffrono della declassificazione del rischio, ossia il ministero assegna una classe di rischio inferiore a quella dei principi attivi che compongono l'erbicida.

In pratica, gli erbicidi attualmente in uso vanno sostituiti con altri meno pericolosi (esistono??) oppure bisogna ricorrere "a mezzi alternativi (meccanici, fisici, biologici), riducendo le dosi di impiego e utilizzando tecniche e attrezzature, che permettano di ridurne al minimo la dispersione nell’ambiente" (pag.26: A.5.6 del PAN).

Utilizzo del disseccante in agricoltura, e relativi effetti visivi

 

L'atrazina

Erbicida molto utilizzato fino al 1992, quando è stato definitivamente vietato nel territorio italiano, risulta ancora presente in dosi elevate nelle acque sotterranee (ISPRA - Rapporto nazionale pesticidi nelle acque 2016) .

L'atrazina è un erbicida che ha avuto una grande diffusione in tutto il mondo . Poi si è capito che non attaccava solo le piante cattive, ma faceva male anche ad altri esseri viventi. Un biologo dell'università della California ha esposto 40 rane a quantità di atrazina inferiori ai livelli di guardia. Risultato? Ben 30 rane sono diventate sterili. Altre quattro invece hanno addirittura cambiato sesso: da maschi si sono trasformate in femmine. Ed è alto il sospetto che provochi guasti simili anche agli uomini. Per questo da decenni la sostanza è stata messa al bando, ma la natura fatica a smaltirla. Oggi nei fiumi e nella falda acquifera italiane continua a essercene tantissima,soprattutto nelle regioni del Nord Italia.

Il Rapporto nazionale pesticidi nelle acque dell'ISPRA, basata sui campioni rilevati nel 2009-2010 in Italia, stabilisce una realtà preoccupante: il 55% delle acque superficiali è inquinato da pesticidi, e il 28% di queste hanno quantità superiori alla soglia di potabilità. Migliore il risultato delle analisi dei campioni prelevate dalle acque di falde: il 28% di questi sono inquinati da erbicidi, e di queste il 9,6% hanno concentrazioni superiori alla soglia di potabilità. L'emergenza più grave è stata, chiaramente, riscontrata nella Pianura Padana, dove l'agricoltura viene svolta in modo più intensivo.

Il glifosato

È un principio attivo ad azione erbicida, non selettivo, ampiamente utilizzato come diserbante nel mondo agricolo, nell'ambiente urbano, sia pubblico
che privato, sulle strade extra urbane e sulle ferrovie.

Pregi del glifosato

  1. Molto economico
  2. Risultati immediati nel breve periodo

Difetti del glifosato

  1. altamente persistente nelle falde acquifere, è il fitofarmaco maggiormente riscontrato nelle acque superficiali presente nel 92% dei campioni, quasi sempre in concentrazioni superiori ai limiti” (rapporti ISPRA 175/2013 e 208/2014)
  2. nel medio periodo crea una selezione di erbe infestanti resistenti al glifosato
  3. dichiarato probabilmente cancerogeno per l'uomo ed inserito nel gruppo 2A, dallo IARC
  4. è stato collegato al linfoma non-Hodgkin, in ricerche americane, canadesi e svedesi, nel 2001: inoltre, anche in questo caso, prove in laboratorio hanno dimostrato la sua capacità di alterare DNA e corredo cromosomico.
  5. Uno studio condotto negli Stati Uniti evidenzia come la notevole crescita dell'intolleranza al glutine sia direttamente correlato alla diffusione del glifosato nella coltivazione del grano.

Di seguito le valutazioni pubblicate al termine dei "Forum fitoiatrici" di Veneto Agricoltura, del 25 giugno 2014, Corte Benedettina - Legnaro Padova:

  1. La letteratura scientifica ci dice però il glifosato è la più frequente causa di problemi e avvelenamenti in Italia (Sistema Nazionale di Sorveglianza delle Intossicazioni Acute da Fitosanitari (SIAF) - rapporto 2005).
  2. Disturbi di molte funzioni del corpo sono state riportati dopo l’esposizione a normali livelli d’uso. È quasi raddoppiato il rischio di aborto spontaneo ritardato e i bambini nati dai lavoratori esposti hanno evidenziato un livello elevato di deficit neurologici.
  3. Il glifosato provoca un’alterazione della mitosi cellulare che può essere collegata al tumore presente nell’uomo.
  4. Il glifosato provoca ritardi nello sviluppo dello scheletro nel feto dei ratti di laboratorio.
  5. Inibisce la sintesi degli steroidi ed è genotossico nei mammiferi, nei pesci e nelle rane.
  6. E’ letale e altamente tossico per i lombrichi.
  7. È tossico per le farfalle e numerosi altri insetti benefici come pure per le larve delle cozze ed ostriche, per la Dafnia e per alcuni pesci d’acqua dolce come la trota arcobaleno.
  8. Inibisce batteri e spore benefici della terra specialmente quelli che fissano i composti azotati
  9. Inoltre il glifosato è uno dei pesticidi maggiormente presente nelle falde acquifere sotterranee.
  10. L'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ex APAT, nel comunicato del 18 dicembre 2008 denuncia come aumenti l'incidenza (siamo al 37%) dei campioni di acque con presenza di pesticidi eccedenti i limiti di legge (0,1 μg/l).
  11. Non c'è da meravigliarsi perché gli ultimi dati dell'Istat indicano un aumento considerevole dell'impiego di diserbanti.
  12. Bisogna tenere presente inoltre che tra i residui industriali del diserbante è presente la “diossina”
  13. In Francia è in corso un processo contro un azienda per intossicazione da glifosato e per il risarcimento dei danni biologici. glifosato

Glifosato: cancerogeno o no? IARC vs. EFSA

Dopo il report di IARC che inseriva il glifosato nelle sostanze probabilmente cancerogene, l'EFSA si è pronunciata sostenendo la probabile NON cancerogenità.

A questo punto lo IARC emette un documento sul glifosato con le risposte alle domande più frequenti, che hanno portato alla decisione di classificate la sostanza come “probabilmente cancerogeno”. 

Alla domanda se gli effetti cancerogeni del glifosato possano essere collegati ad altre sostanze presenti nelle formulazioni, lo Iarc risponde “no”, precisando che la valutazione ha preso in considerazione sia gli studi riguardanti la sostanza “pura”, sia quelli dove è miscelata ad altri componenti. In entrambi i casi, lo Iarc ha rilevato una forte rischio di effetti genotossici.

In merito alle valutazioni più rassicuranti sui rischi di cancerogenicità presentate da altre Agenzie, come l’Efsa, lo Iarc sottolinea di aver considerato solo studi di dominio pubblico, anche di fonte industriale, sottoposti a revisione di terze parti. Non ha invece considerato quelli non pubblici, riguardanti sperimentazioni su animali, che non hanno fornito informazioni sufficienti per una revisione scientifica indipendente.

2,4 Diclorofenossiacetico

Dal momento che molta flora spontanea è diventata in questi anni resistente al glifosato, per ovviare a questa situazione, nel 2014 l’Environmental Protection Agency (EPA) statunitense ha autorizzato l’uso dell’erbicida Enlist Duo, che oltre al glifosato contiene il 2,4-D (acido 2,4-diclorofenossiacetico), che quest’anno è stato classificato dallo IARC come “potenzialmente” cancerogeno, un gradino sotto il livello di rischio del glifosato, classificato come “probabilmente” cancerogeno. L’Enlist Duo verrà commercializzato negli Stati Uniti in tandem con alcuni semi ogm di recente autorizzazione. L’EPA prevede che l’autorizzazione dell’Enlist Duo aumenterà da tre a sette volte il consumo di 2,4-D.

L’argomento secondo cui gli alimenti contenenti OGM non differiscano da quelli che non li contengono non è più valido, dato che omette di considerare che ormai le colture OGM sono maggiormente trattate con erbicidi, due dei quali possono comportare rischi di sviluppare il cancro. [Fonte: ilfattoalimentare.it]

Test, analisi, studi epidemiologici

Glifosato: cos'ha fatto il governo italiano

Con il D.Lgs 150/2012 e con il PAN (DM 22/01/2014), che dettaglia l'utilizzo dei prodotti fitosanitari e degli erbicidi, finalmente il problema viene risolto!!!
In linea con i contenuti della direttiva 2009/128/CE e del decreto legislativo n. 150/2012, il "Piano di Azione Nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari" si propone di raggiungere i seguenti obiettivi generali, al fine di ridurre i rischi associati all’impiego dei prodotti fitosanitari:

  1. Ridurre i rischi e gli impatti dei prodotti fitosanitari sulla salute umana, sull'ambiente e sulla biodiversità;
  2. Promuovere metodi di difesa delle colture alternativi all’uso eccessivo dei fitofarmaci, come la difesa integrata e l’agricoltura biologica;
  3. Proteggere gli utilizzatori dei prodotti fitosanitari e la popolazione;
  4. Tutelare i consumatori;
  5. Salvaguardare l'ambiente acquatico e le acque potabili;
  6. conservare la biodiversità e tutelare gli ecosistemi.

Cos'ha fatto il Ministero della Salute

Analizzando il database dei prodotti fitosanitari, sul sito del "Ministero della Salute", ogni cittadino potrà scoprire la classificazione assegnata agli erbicidi con principio attivo glifosato.
Le classi di rischio assegnate agli erbicidi con principio attivo glifosato sono:

  • nc : non classificato
  • N : nocivo per l'ambiente acquatico
  • Xi : irritante per la salute umana
  • Xi,N : irritante per la salute umana e nocivo per l'ambiente acquatico

Sono tutte classi di rischio considerate innocue per l'uomo, quindi non vietate: nessun erbicida al glifosato ha classe di rischio tossica o nociva. Attenzione però che la classe di rischio si riferisce al prodotto finito, mentre le frasi di rischio si riferiscono al singolo principio attivo o coformulante presente nel prodotto.

Decreto dirigenziale 9 agosto 2016 del Ministero della Salute

L'EFSA ha stabilito la pericolosità del glifosato quando è associato al POEA, un coformulante ottenuto dal grasso animale (sego), cosicché l'UE in data 01/08/2016 ha emanato il regolamento di attuazione 2016/1313, recepito dalla legge italiana con DD 9 agosto 2016, che stabilisce dei limiti all'uso del glifosato, in particolare

  • divieto di utilizzo dei prodotti a base di glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione e dai gruppi vulnerabili, quali parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, ortili e aree verdi all’interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie;
  • divieto di utilizzo dei prodotti a base di glifosato in pre-raccolta, al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura;
  • al fine di proteggere le falde sotterranee, divieto di utilizzo in zone non agricole, in prossimità di corsi d'acqua o in suoli con contenuto di sabbia superiore all'80%;
  • divieto di immissione nel mercato di prodotti fitosanitari contenenti POEA (CAS 61791-26-2), e viene specificata una lista di erbicidi ora vietati.

Alcune obiezioni da fare al Ministero della Salute sono le seguenti: sono attualmente in commercio 21 erbicidi contenenti POEA che non sono stati inseriti nella lista al punto precedente, forse perché il Ministero ne ha ignorato l'esistenza. Ci sono altri 58 erbicidi che non riportano nella scheda di sicurezza informazioni sufficienti a determinare la presenza o meno del POEA o di altri composti. Infine, ci sono altri erbicidi a base di glifosato che contiene altre ammine con caratteristiche simili a POEA, che andrebbero studiate per verificarne la pericolosità.

Com'è possibile vietare l'uso del glifosato (e di tutti gli erbicidi chimici)

Per il momento si possono concentrare gli sforzi sul PAN.Art.5.6.1, ambiente urbano, utilizzando le frasi di rischio relative ad ogni principio attivo o coformulante inserito nella formula: è sufficiente riscontrare la presenza di una delle frasi di rischio vietate dal PAN, per vietare l'uso dell'erbicida.
Sarebbe auspicabile che il Ministero della Salute risolvesse il problema delle schede di sicurezza degli erbicidi che normalmente sono incomplete, in quanto:

  • non sono riportati tutti i componenti della formula (normalmente dal 30% al 60%)
  • non sono riportate tutte le frasi di rischio relative ad ogni componente elencato
  • non sempre, nella formula, è indicato il "Tensioattivo", che spesso ha classi di rischio da Irritante a Nocivo a Tossico per la salute (quindi con frasi di rischio proibite dal PAN)
  • sono state fatte una decina di interrogazioni parlamentari su questi argomenti, da Silvia Benedetti, parlamentare del M5S, alle quali il ministro ha risposto con un MURO di silenzio

Alle volte non si riesce addirittura, a risalire alle schede di sicurezza, che non sono fornite dal Ministero della Salute, ma dalle aziende chimiche produttrici.

Come possono intervenire gli amministratori locali

Superando tutti i problemi visti sin'ora ed il silenzio del Ministro della Salute, perché è chiaro che con queste mancanze è difficile identificare le frasi di rischio del glifosato. Però ci viene in aiuto l'Università di Herfordshire, che ha lavorato sei anni con finanziamento UE, per creare il più ricco database "mondiale" dei principi attivi, frequentato da aziende chimiche, università ed istituti internazionali. Ad ognuno dei sali del glifosato, usati negli erbicidi, è stata assegnata la frase di rischio R41 = rischio di gravi lesioni oculari, una delle frasi proibite dal PAN in ambiente urbano, inoltre il glifosato è considerano NOCIVO per l'uomo e l'ambiente.

  • Con questa frase di rischio R41, il glifosato è proibito nell'ambiente urbano, ai pubblici amministratori, ma anche ai privati nelle loro proprietà cittadine: viali, parchi, giardini, orti
  • Il glifosato è vietato per la frase di rischio, non per la classe di rischio!

E' invece più difficile vietare l'uso del glifosato in agricoltura, vietare i fitosanitari molto tossici, tossici e nocivi con effetti cronici per la salute, finché il Ministero della Salute non si deciderà a riclassificarne i pericoli per la salute e l'ambiente riscrivendo in modo più razionale e organico le schede di sicurezza.

Il divieto dell'utilizzo dei fitosanitari, con classe di rischio molto tossici, tossici e nocivi con effetti cronici per la salute, riguarda molti altri prodotti chimici, quali altri erbicidi, insetticidi, e fungicidi, usati regolarmente in agricoltura, anche a ridosso di strade, case, orti, scuole, etc.... che i cittadini subiscono senza interventi pubblici a loro difesa.

La più grave mancanza di Governo, Regioni e Comuni è l'informazione ai cittadini, prevista dalle leggi attuali, ma mai messa in opera: dopo 18 mesi dall'entrata in vigore del PAN, i cittadini non sanno ancora quale organo istituzione dovrà "garantire un’informazione accurata della popolazione circa i potenziali rischi associati all’impiego dei prodotti fitosanitari". (estratto dal PAN)

Riferimenti

 

Pesticidi e tumori: le novità (e le polemiche) del report Iarc - di Patrizia Gentilini, Medico oncologo ed ematologo

La scorsa settimana, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) di Lione, diretta per molti anni da Lorenzo Tomatis, indimenticabile figura di medico, ricercatore e scienziato, ha pubblicato su Lancet Oncology (edizione on-line) una sintesi della valutazione di cancerogenicità dei seguenti pesticidi organofosforici: tetraclorvinfos, paration, malation, diazinon, glifosate. Il report completo sarà oggetto della monografia n. 112.

L’erbicida glifosate e gli insetticidi malation e diazinon sono stati classificati come “probabili cancerogeni per l’uomo” ed inseriti nel gruppo 2A, gli insetticidi tetraclorvinfos e paration, come “possibili cancerogeni per l’uomo” e inseriti nel gruppo 2B.

Ricordiamo che la Iarc ha identificato 5 categorie secondo cui valutare la cancerogenicità per l’uomo delle diverse sostanze sulla base delle evidenze scientifiche accumulate: si parte dalla categoria I ( cancerogeno certo per l’uomo), seguono poi, nell’ordine, le già citate 2A e 2B, la 3 (agenti non classificabili per la cancerogenicità) e la 4 (agenti probabilmente non cancerogeni per l’uomo).

La Iarc – per chi non lo sapesse – è l’organo di riferimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e i suoi report sono frutto di panel di ricercatori altamente qualificati: ciò nonostante questo report è stato pesantemente criticato da Monsanto, multinazionale del settore, che ha addirittura definito questa pubblicazione scientifica come “spazzatura”… ma, come penso ognuno può immaginare, forse il suo giudizio non è del tutto disinteressato.

Fra tutti i pesticidi presi in esame da quest’ultimo rapporto della Iarc quello di maggior interesse è certamente il glifosate sia perché è l’erbicida più utilizzato al mondo sia perché coinvolto nelle colture di organismi geneticamente modificati (Ogm) quali mais, colza, barbabietola, colture studiate appunto per essere “resistenti” agli erbicidi e consentire quindi un utilizzo ancora più massiccio di tali sostanze.

Il glifosate è ampiamente utilizzata non solo in agricoltura ma anche per diserbare cigli stradali, ferroviari ecc. e le strisce giallastre che deturpano il paesaggio proprio in questa stagione in cui il verde dell’erba ricomincia a spuntare ne sono una triste testimonianza. Ben più grave del danno estetico sono tuttavia i rischi per la salute. L’inserimento di glifosate nella categoria 2A non giunge affatto come una novità in quanto già dal 2001 sia da ricerche di laboratorio, ma anche da diversi studi epidemiologici sull’uomo, era emerso che l’esposizione ad esso aumentava in particolare il rischio di  linfomi. Studi di laboratorio avevano inoltre dimostrato che l’azione tossica su linee cellulari umane si esercitava a dosi 100 volte inferiori a quelle considerate sicure e che la formulazione commerciale era più pericolosa del solo principio attivo per la presenza di coadiuvanti.

Grande dibattito nel mondo scientifico e sui media avevano poi suscitato negli anni scorsi le ricerche del Prof. Gilles-Eric Séralini su ratti alimentati a lungo termine con la varietà di mais geneticamente modificato NK603 e resistente ad erbicida a base di glifosato. La ricerca, che aveva scatenato un’aggressiva campagna diffamatoria e ricevuto pesantissime critiche, era stata poi ripubblicata nel 2014 dopo una rigorosa seconda peer-review e completa dei dati grezzi ed aveva messo in evidenza non solo un elevato numero di tumori nella maggior parte dei gruppi testati, ma anche disfunzioni ormonali e diversi danni al fegato e ai reni.

Non vanno tuttavia neppure trascurati altri danni conseguenti all’uso del diserbo chimico quali quelli agli ecosistemi, agli organismi acquatici e l’azione di erosione dei suoli che subiscono maggiormente l’azione di dilavamento con conseguente crescita di franosità.

Inoltre glifosate ed il suo metabolita Ampa, nonostante fossero stati pubblicizzati come rapidamente degradabili, si ritrovano con un’alta frequenza nelle acque superficiali: dall’ultimo rapporto Ispra sulla presenza di pesticidi nelle acque le due sostanze sono state rilevate rispettivamente nel 18% e 47% dei campioni. Purtroppo in Italia la ricerca del glifosate e del suo metabolita Ampa viene effettuata solo in Lombardia. Questo erbicida è presente inoltre nel 10,9 % dei campioni alimentari controllati a livello europeo (Efsa 2014).

Che il modello di agricoltura ora dominante non sia più sostenibile è evidenziato dalla Direttiva 2009/128/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, che all’articolo 7 afferma: “Gli Stati membri adottano misure volte a informare la popolazione e a promuovere e agevolare i programmi di informazione e di sensibilizzazione e la disponibilità di un’informazione accurata ed equilibrata sui pesticidi per la popolazione, in particolare sui rischi e i potenziali effetti acuti e cronici per la salute umana, gli organismi non bersaglio e l’ambiente che comporta il loro impiego, e sull’utilizzo di alternative non chimiche” e, all’art. 14 “Gli Stati membri adottano tutte le necessarie misure appropriate per incentivare una difesa fitosanitaria a basso apporto di pesticidi, privilegiando ogniqualvolta possibile i metodi non chimici, questo affinché gli utilizzatori professionali di pesticidi adottino le pratiche o i prodotti che presentano il minor rischio per la salute umana e l’ambiente tra tutti quelli disponibili per lo stesso scopo”.

In effetti anche in Italia lo scorso anno, in applicazione della suddetta Direttiva, è stato approvato un Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN DLgs. 14 agosto 2012 n°150) che si prefigge “di guidare, garantire e monitorare un processo di cambiamento delle pratiche di utilizzo dei prodotti fitosanitari verso forme caratterizzate da maggiore compatibilità e sostenibilità ambientale e sanitaria, con particolare riferimento alle pratiche agronomiche per la prevenzione e/o la soppressione di organismi nocivi” e “inoltre prevede soluzioni migliorative per ridurre l’impatto dei prodotti fitosanitari anche in aree extra agricole frequentate dalla popolazione, quali le aree urbane, le strade, le ferrovie, i giardini, le scuole, gli spazi ludici di pubblica frequentazione e tutte le loro aree a servizio”.

Per passare dalle dichiarazioni di intenti ad azioni concrete per una agricoltura più rispettosa del suolo, dell’acqua e della biodiversità la strada tuttavia appare ancora impervia e soprattutto molto c’è da fare per fare crescere una diversa cultura su questi temi. Un piccolo, ma riteniamo importante contributo in tal senso è venuto dall’Associazione dei Medici per l’Ambiente che ha prodotto un documento Position Paper su agricoltura e pesticidi.

Questo documento vuole essere uno strumento a disposizione di Istituzioni e cittadini per informare circa i rischi che l’esposizione cronica ai pesticidi comporta per la salute umana; tali rischi sono ormai documentati da una mole crescente di evidenze scientifiche sia sperimentali che epidemiologiche e si traducono in alterazioni a carico di svariate strutture dell’organismo umano, in particolare a carico del sistema nervoso, endocrino, immunitario, riproduttivo, renale, cardiovascolare e respiratorio. Per questo come medici riteniamo importante diffondere tali conoscenze per fornire da un lato ai decisori politici strumenti per individuare politiche agricole più rispettose della salute e dell’ambiente e dall’altro indicare ai consumatori comportamenti alimentari responsabili e misure relativamente semplici per ridurre l’esposizione ai pesticidi, minimizzando al tempo stesso i rischi per sé e per i propri congiunti.
Patrizia Gentilini
26 marzo 2015
IL FATTO QUOTIDIANO.IT

Risposta di Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo, all'articolo pubblicato su Altroconsumo "Non crediamo in Bio"

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Gentile Direttore,

ho letto con attenzione l’articolo comparso su Altroconsumo 295, Settembre 2015 “ dal titolo “Non crediamo in BIO” e sono rimasta profondamente sconcertata sia come cittadino che cerca di fare scelte consapevoli, ma soprattutto come medico che ha a cuore la salute umana. Non le nascondo inoltre che ho provato una profonda delusione nel vedere affrontato in modo quanto meno superficiale da una rivista che vorrebbe porsi a tutela del consumatore un tema tanto delicato. Dall’articolo emerge molto chiaramente una “bocciatura” del biologico, che del resto risultava lampante già dal titolo, perché, in base alle vostre indagini condotte su mele, fragole, carote e pomodori ciliegini non vi sarebbero differenze sostanziali fra i due gruppi in termini di nutrienti e vitamine, ed i pesticidi riscontrati nei prodotti da agricoltura convenzionale sarebbero sempre ben al di sotto dei limiti di legge. Unica eccezione di un campione di fragole in cui è presente una sostanza vietata per questa coltura quale il carbaril, presente ben oltre i limiti di legge. In realtà a ben esaminare i vostri risultati si può giungere invece a conclusioni nettamente opposte: voi avete esaminato 71 campioni bio e non bio di mele, fragole, carote e pomodori ciliegini : fra i prodotti biologici 8 campioni hanno presentato la presenza di 1 residuo ( 1 di fragola e 7 fra i pomodori ciliegini), mentre fra i prodotti non bio ben 63 presentavano residui ed in 6 casi vi era più di un residuo, addirittura fino a 5 diversi pesticidi in un campione di fragole! Nell’articolo viene ripetutamente sottolineato che tutti i residui sono comunque “entro i limiti” ad eccezione di due campioni di fragole fuori legge entrambi contenenti carbaril, pesticida non ammesso ed in quantità superiore ai limiti consentiti (in uno dei due campioni, inoltre erano presenti anche altri due pesticidi). In realtà facendo solo un piccolo conteggio - visto che è raccomandabile introdurre giornalmente una grande varietà di frutta e verdura - chi si alimenta in modo non biologico introduce qualche decina di diversi pesticidi al giorno! Davvero il fatto che le singole sostanze siano entro i limiti di legge può rassicuraci? E che dire della consistente presenza di multiresidui in singoli campioni? Quest’ultimo problema non è affatto trascurabile ed è crescente nella Comunità Scientifica la consapevolezza che la valutazione di rischio delle miscele di agenti chimici (in primis i pesticidi!) è ampiamente sottostimato. Proprio per questo è stato di recente avviato in Francia uno studio (PERICLES) che si propone di valutare su linee cellulari umane e test di laboratorio gli effetti di 79 residui di pesticidi in 7 diverse miscele (da 2 a 6) presenti abitualmente nella dieta dei francesi, ed i primi risultati mostrano come svariate funzioni cellulari vengono compromesse da questi cocktail con effetti che non possono in alcun modo essere compiutamente previsti sulla base dell’azione della singola sostanza. (The PERICLES research program: An integrated approach to characterize the combined effects of mixtures of pesticide residues to which the French population is exposed.Crépet A, Héraud F, et al. Toxicology 2013). Sempre a questo proposito credo che i lettori dovrebbero essere adeguatamente informati e messi a conoscenza che:

i test tossicologici per la registrazione di queste sostanze vengono eseguiti sul principio attivo e non sul formulato commerciale (spesso molto più tossico come, ad esempio, nel caso del glifosate in cui nel prodotto commerciale è presente una serie di adiuvanti come il polyoxyethylene amine (POEA) molto più tossici del principio attivo (Williams et al., 2000; Howe et al., 2004; Santos et al., 2005; Jasper et al. 2012, Mesnage et al., 2012);

l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) incaricata di queste valutazioni non dispone di propri laboratori ma esamina le indagini autonomamente condotte dalle aziende proponenti, indagini in genere condotte su animali di laboratorio per periodi molto brevi (non per tutta la durata della vita dell’animale);

gli studi vengono condotti per singola sostanza e non sui cocktail di molecole cui siamo stabilmente esposti;
esiste una possibile diversità di effetti tossici fra composti originari e loro metaboliti: ad esempio il metabolita del glifosate, l’acido aminometilfosfonico (AMPA), è dotato di genotossicità e persistenza nell’ambiente maggiore del glifosate (Manas et al., 2009);

possono essere presenti effetti anche per dosi inferiori ai limiti consentiti e per esposizioni minimali: questo è stato dimostrato per l’atrazina e per il glifosate, capaci di alterare l’attività del citocromo P450 su cellule placentari umane a dosi 100 volte inferiori di quelle ammesse in agricoltura;

• esiste ovviamente una diversa suscettibilità individuale in relazione a fattori genetici, età, genere, stato nutrizionale, abitudini personali etc;

i limiti sono stabiliti su adulti di 70 kg in buona salute quando è ben noto che negli organismi in via di sviluppo, in particolare nel periodo embrio fetale, nei neonati e nei bambini la suscettibilità è enormemente maggiore.

Tutto questo per ribadire che le dosi “piccole” e ripetute nel tempo non sono affatto scevre da rischi per la salute: noi tutti, ancor prima di nascere, siamo sottoposti all’azione di centinaia di molecole di sintesi che sono presenti nei corpi dei nostri genitori e, come nel caso delle molecole con azione di “interferenti endocrini” (quali sono moltissimi pesticidi) agiscono per definizione proprio a dosi minimali e possono alterare i gameti (spermatozoi ed ovociti), con danni che si trasmettono da una generazione all’altra. L’esposizione prosegue poi nel grembo materno perché queste sostanze passano dalla madre al feto ed ovviamente si prolunga per tutto il resto della vita: certamente non tutti abbiamo la stessa suscettibilità ma è incontestabile il fatto che nella comunità scientifica la preoccupazione per le patologie correlate ai pesticidi è massima come dimostrano i circa 20.000 lavori scientifici pubblicati a questo riguardo su riviste scientifiche. Segnalo che a questi temi è stato dedicato un convegno ad Arezzo nello scorso ottobre i cui atti sono qui scaricabili:

https://gruppodistudioambientesalute.files.wordpress.com/2014/11/atti-i-pesticidi-arezzo-2014006.pdf

In sintesi vorrei rammentare che ad esposizione cronica a pesticidi (professionale e non) è correlato un incremento statisticamente significativo del rischio delle seguenti patologie: asma professionale, bronchite cronica e BPCO , Morbo di Parkinson, Morbo di Alzheimer, Sclerosi laterale amiotrofica, diabete, patologie cardiovascolari, patologie autoimmuni, patologie renali, disordini riproduttivi, malformazioni e difetti di sviluppo, malattie della tiroide, alterazioni dello sviluppo cognitivo, motorio e neurocomportamentale nei bambini , cancro (tutti i tumori nel loro complesso, tumori del sangue, cancro al polmone, pancreas, colon, retto, vescica, prostata, cervello, melanoma).

In particolare sono proprio le donne in gravidanza quelle che maggiormente dovrebbero essere preservate da esposizioni anche minimali a queste sostanze: un recente studio ha valutato che ogni anno in Europa si perdano ben 13.000.000 ( sì, 13 milioni!) di punti di Quoziente di Intelligenza (QI) e si contino 59.300 casi di disabilità intellettiva per esposizione a pesticidi organofosfati in gravidanza (Trasande L1, Zoeller RT, Hass U Estimating burden and disease costs of exposure to endocrine-disrupting chemicals in the European union. J Clin Endocrinol Metab. 2015 Apr;100(4):1245-55). Ancora, ad esempio, è emerso che il rischio di leucemia per la prole è più che raddoppiato se l’esposizione è avvenuta in utero (Residential exposure to pesticides and childhood leukaemia: a systematic review and meta-analysis Residential exposure to pesticides and childhood leukaemia: a systematic review and meta-analysis Environ Int. 2011 Jan;37(1):280-91) Vorrei anche sottolineare che l’assunzione di pesticidi non avviene solo attraverso frutta e verdura, ma anche attraverso carne e derivati (latte, formaggi etc) provenienti da animali alimentati con mangimi OGM. Anche di questo i lettori dovrebbero essere informati, perché oltre l’85% dei mangimi importati ed utilizzati nel nostro paese è rappresentato da mais e soia geneticamente modificati per essere resistenti ad erbicidi (glifosate) che quindi vengono utilizzati in quantitativi sempre maggiori anche per insorgenza di resistenze. Questo problema è emerso recentemente in una prestigiosa rivista medica, il New England Journal of Medicine, in cui si sottolinea come il glifosate sia stato classificato dalla IARC come cancerogeno probabile (2A) (GMOs, Herbicides, and Public Health Philip J. Landrigan, M.D., and Charles Benbrook, Ph.D.N Engl J Med 2015; 373:693-695 August 20, 2015). Queste sostanze in definitiva si accumulano nelle carni degli animali o nei loro prodotti di cui poi ci nutriamo, e studi dimostrano come maggiori livelli dei loro metaboliti siano presenti nelle urine di chi si alimenta di questi prodotti rispetto a chi invece utilizza prodotti da allevamenti biologici. Perché non dare queste informazioni alle persone visto che ad es. il glifosate non è solo cancerogeno ma alcuni studi lo correlano a patologie in crescente aumento come la celiachia?

All’inizio dell’articolo viene giustamente sottolineato come l’agricoltura biologica sia più rispettosa della salubrità del terreno, in quanto vengono previste le rotazioni delle colture, non utilizzi fertilizzanti chimici che nel lungo termine impoveriscono il terreno, tuteli la biodiversità – basti pensare alla moria di insetti utili (api!) correlata all’uso di neonicotinoidi etc., ma poi si afferma che chi fa la scelta del biologico lo fa più per una scelta egoistica personale che non per motivazioni etico/ambientali. Personalmente non condivido affatto questa valutazione perché, fortunatamente, chi fa la scelta del biologico lo fa non solo per motivi di salute personale ( che, contrariamente a quanto asserito nell’articolo, credo siano più che dimostrati), ma perché ha maturato la consapevolezza che “non possiamo semplicemente più continuare a produrre cibo senza prenderci cura del nostro suolo, dell’acqua e della biodiversità", per cui “aumentare la percentuale di agricoltura che utilizza metodi biologici e sostenibili non è una scelta, è una necessità”, come recentemente affermato da Claire Kremen dell’Universtà di Berkeley in una revisione di 115 ricerche scientifiche per confrontare agricoltura biologica e convenzionale e pubblicato dalla Royal Society (http://rspb.royalsocietypublishing.org/).

Per cui, Gentile Direttore, in conclusione, la invito a fornire una più corretta informazione ai lettori, e soprattutto a documentarsi in maniera adeguata perché “credere in Bio” non è un atto di fede, ma una scelta consapevole e responsabile per la sostenibilità ambientale e la salute umana!

Cordiali saluti

Dott.ssa Patrizia Gentilini

Medico Specialista in Oncologia ed Ematologia Generale

Comitato Scientifico Associazione dei Medici per l’Ambiente ISDE Italia

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Salubrità dell'acqua distribuita attraverso l'acquedotto.

Verifica analisi

Attualmente le analisi vengono fatte dall'ente che gestisce la rete idrica, ATS, e sono disponibili nel sito web all'indirizzo web www.altotrevigianoservizi.it (risultati non sempre aggiornati) oppure http://www.altotrevigianoservizi.it/images/prova/Tabella_analisi_acque.pdf.
Tuttavia le analisi disponibili nel web sono molto carenti di elementi essenziali, quali la concentrazione di nitriti, e la concentrazione di inquinanti in particolare di diserbanti.
Sarebbe inoltre interessante poter effettuare una ispezione ai pozzi da cui viene prelevata per assicurarsi che nei dintorni non vengano utilizzati diserbanti e non siano presenti colture agricole che potrebbero inquinare la falda attraverso fertilizzanti e fitofarmaci.

L'atrazina

L'atrazina è un erbicida che ha avuto una grande diffusione in tutto il mondo. Poi si è capito che non attaccava solo le piante cattive, ma faceva male anche ad altri esseri viventi. Un biologo dell'università della California ha esposto 40 rane a quantità di atrazina inferiori ai livelli di guardia. Risultato? Ben 30 rane sono diventate sterili. Altre quattro invece hanno addirittura cambiato sesso: da maschi si sono trasformate in femmine. Ed è alto il sospetto che provochi guasti simili anche agli uomini. Per questo da decenni la sostanza è stata messa al bando, ma la natura fatica a smaltirla. Oggi, soprattutto nelle falde sotterranee, vengono rilevate concentrazioni alte di atrazina, soprattutto nelle regioni del Nord Italia, nonostante l'utilizzo in Italia sia stato bandito definitivamente già dal 1992.

Il Rapporto nazionale pesticidi nelle acque dell'ISPRA, basata sui campioni rilevati nel 2009-2010 in Italia, stabilisce una realtà preoccupante: il 55% delle acque superficiali è inquinato da pesticidi, e il 28% di queste hanno quantità superiori alla soglia di potabilità. Migliore il risultato delle analisi dei campioni prelevate dalle acque di falde: il 28% di questi sono inquinati da erbicidi, e di queste il 9,6% hanno concentrazioni superiori alla soglia di potabilità. L'emergenza più grave è stata, chiaramente, riscontrata nella Pianura Padana, dove l'agricoltura viene svolta in modo più intensivo.

I PFAS

Cosa sono e dove vengono utilizzati?

I composti perfluoro alchilici sono molecole organiche contenenti fluoro, utilizzate principalmente per l'impermeabilizzazione delle materie plastiche, carta, pellami e per le cere da pavimento. Vengono impiegate ad esempio per trattare il teflon usato nelle pentole antiaderenti, oppure per la realizzazione di abbigliamento sportivo, goretex e tessuti antimacchia.

Sono inquinanti organici persistenti, ovvero che non si degradano nel tempo, ed hanno numerosi effetti collaterali nell'uomo: sono interferenti endocrini (ovvero agiscono alterando il sistema ormonale) e possibili cancerogeni (lo IARC li inserisce nella classe "2b").

Il regolamento UE 757/2010 stabilisce dei limiti stringenti sull'uso di alcuni PFAS, come il PFOA e PFOS, mentre possono essere utilizzato senza restrizioni in altri paesi come la Cina.

In Europa, PFOA e PFOS vengono sostituiti da PFBA e PFBS, che sono composti fluoroalchilici a molecola più corta che però risultano anch'essi persistenti, accumulandosi in dosi elevate nei diversi tessuti umani (Perez, Terragona, 2013). Sono persistenti in acqua, tant'e' che in Veneto, regione che presenta un'elevato inquinamento da PFAS soprattutto in provincia di Vicenza, Treviso e Venezia, analogamente a come è stato fatto per l'atrazina, è stato triplicato il limite di questi composti nell'acqua, da 500ng/L a 1500ng/L, data l'impossibilità tecnica di contenere i valori nell'acqua potabile di alcuni comuni al di sotto del limite precedente. (nopops.it)

Il 9 dicembre 2015 il Movimento 5 Stelle e Medicina Democratica hanno presentato ricorso al Presidente della Repubblica grazie al quale non entreranno in vigore i nuovi limiti voluti dalla Regione Veneto e dai comuni maggiormente inquinati dai PFAS fintanto che  non si pronuncerà il Consiglio di Stato. Il ricorso è stato finanziato dalle rinunce di parte dello stipendio da parte dei consiglieri regionali del M5S.

Il risultato dei campionamenti in Veneto

La zona più inquinata è il vicentino, in particolare nella zona di Trissino dove ha sede l'industria chimica Miteni e dove i rilievi hanno valori di oltre 5000ng/L; tuttavia le falde acquifere hanno distribuito i PFAS verso Venezia, registrando valori allarmanti a Paese e Casale sul Sile.

La provincia di Belluno è indenne a questo inquinamento, mentre per quanto riguarda l'alto trevigiano abbiamo tutti rilievi a zero ad eccezione di Vittorio Veneto, in cui sono stati rilevati 20ng/L, e Farra di Soligo dove sono stati rilevati ben 100ng/L. Ma a Farra di Soligo non ci sono industrie che utilizzino o producano i PFAS! La cosa sconcertante è che gli stessi monitoraggi eseguiti nei comuni limitrofi, Sernaglia della Battaglia, Moriago dell Battaglia, Pieve di Soligo, hanno rilevato una concentrazione di PFAS pari a ZERO. Perché proprio a Farra di Soligo è stata rilevata la presenza di PFAS?

L'analisi svolta a dicembre 2015 da ATS sull'acqua potabile captata a Borgo Grotta, a Farra di Soligo, attesta l'assenza di PFAS.

Stesso risultato per l'analiasi svolta a dicembre 2015 da ATS sull'acqua potabile captata dal Pozzo Bisol (lungo il fiume Soligo).

Risultato di indagini epiedemiologiche svolte in Veneto sui PFAS

Uno studio condotto da ISDE e ENEA mette in luce una maggiore mortalità nelle aree maggiormente colpite da concentrazione alta di PFAS:

http://www.sivempveneto.it/vedi-tutte/32224-pfas-studio-isde-enea-boom-di-decessi-nelle-aree-interessate-in-30-anni-1300-morti-sospette-sono-43-morti-in-piu-allanno-rispetto-alle-zone-vicine-non-coinvolte-dalla-contaminazione

Acqua inquinata in gran parte del Veneto centrale

Di seguito quanto riportato dall'europarlamentare M5S Marco Zullo nel suo sito http://www.marcozullo.it/gran-parte-del-veneto-centrale-e-inquinato/

pfas venetoGrazie all’accesso agli atti effettuato dal Consigliere regionale M5S Manuel Brusco scopriamo che le analisi su campioni di uova, pesci, bovini, insalata e ortaggi hanno confermato ciò che tutti temevano: gran parte del Veneto centrale è inquinata fortemente dalle sostanze perflouoro-alchiliche (PFAS), largamente usate nell’industria per impermeabilizzare tessuti e materie plastiche. I valori vanno fino a 57 microgrammi per chilogrammo. Ma il problema va perfino oltre, secondo le nostre ultime scoperte.

In una relazione Arpav del 24.08.2015, riguardante il funzionamento della barriera idraulica costruita dalla Miteni a Trissino (VI) per contenere l’inquinamento dei PFAS nella falda, si legge che “non sembrerebbe evidente una significativa riduzione della concentrazione dei composti perfluoroalchilici a valle della barriera idraulica”. Da questa affermazione è difficile pensare ad un miglioramento della situazione, specialmente se si considera che le ultime analisi risalgono a febbraio/marzo 2015 e che il periodo primavera/estate 2015 non è stato particolarmente piovoso.

pfas veneto inquinato Marco Zullo M5S Europa

Oltre ai famosi PFAS, nella falda sotto il sito della Miteni si riscontra la presenza DI ALTRE SOSTANZE che meritano attenzione. Trattasi di solventi clorurati (CLOROFORMIO, TRICLOROETILENE, comunemente conosciuto come trielina, TETRACLOROETILENE, TRICLOROMETANO, DICLOROPROPANO), metalli (ALLUMINIO, FERRO), clorobenzeni (1,4-DICLORO-BENZENE). Non tutte queste sostanze sono state ricercate in ogni campagna analitica, tuttavia hanno superato più volte i limiti di CSC (concentrazione soglia contaminazione) per le acque in falda nel periodo dal giugno 2013 al febbraio 2015.

Vista la presenza di questi composti, il problema andrebbe quindi oltre i PFAS. Il dato certo è che questo provvedimento di emergenza (messa in sicurezza d’emergenza per l’esattezza) adottato attraverso le barriere idrauliche per (in teoria) evitare che altro contaminante già in falda si propaghi fuori dal sito inquinato della Miteni, dovrà funzionare per anni e sicuramente meglio di come funziona ora.

Se per i PFAS non è ancora stato completato in Italia uno studio epidemiologico che ne determini la reale tossicità o addirittura cancerogenicità, anche se va ricordato il caso DuPont in America, quest’affermazione non vale per alcuni degli altri composti che sono già accertati come SOSPETTI CANCEROGENI.

Come se non bastasse, l’Istituto Superiore di Sanità ha scorporato e aumentato i limiti per due composti che prima erano raggruppati con gli “altri PFAS” e, precisamente, gli equivalenti di PFOA e PFAS a quattro atomi chiamati PFBA e PFBS assegnando a ciascuno un valore limite di 500ng/l. L’impressione che abbiamo è che, viste le difficoltà ad abbattere questi composti a catena corta, per non costringere alcuni comuni a spese esorbitanti per il filtraggio e per non bloccare l’attività industriale della Miteni, che il “caso” vuole abbia spostato l’attuale produzione proprio su composti a quattro atomi, si sia optato per l’aumento dei limiti di fatto triplicandoli da 500 a 1500ng/l.

I PFAS a catena corta (PFBA e PFBS) sono meno persistenti sia nell’ambiente sia nell’uomo. Ma questi composti a catena corta sono per certi aspetti più dannosi perché più reattivi (come già accaduto in altri casi d’inquinamento nel passato, non si può prevedere come si possano combinare con altre sostanze già presenti nell’ambiente) e molto più difficili da trattenere dai filtri utilizzati per la purificazione dell’acqua. Inoltre, come dimostrato dallo stupore espresso a metà ottobre 2015 da un gestore delle acque, i filtri normalmente sostituiti ogni otto mesi ora ne durano solo tre dimostrando una consistente riduzione della loro efficacia (circa 1/3 del tempo) col conseguente triplicamento dei già alti costi per i cittadini.

Se non fossero sufficienti queste novità, si aggiungono anche le analisi su ortaggi e animali delle ULLS del Veneto interessate da questo inquinamento, da cui si evince che nelle uova di gallina, nel pesce e nell’insalata mista i PFAS si concentrano significativamente.

Chiediamo chiarimenti nei risultati del monitoraggio degli alimenti e in particolare per alcuni campioni risultati contaminati dove nella nota di riferimento compare alimentati con “acquedotto o allacciamento all’acquedotto”. Da questo si evince che gli animali sono stati abbeverati con acqua purificata dell’acquedotto. Abbiamo tre esempi: uova di gallina a Megliadino San Fidenzio (PD), fagiano a Minerbe (VR), fegato di bovino a Sovizzo (VI) che presentano alte concentrazioni di questi inquinanti.

Dal nostro punto di vista i casi sono due:

  1. Nonostante l’enorme impegno tecnico ed economico dei gestori degli acquedotti con l’introduzione dei filtri a carboni attivi non si riesce ad arrivare al totale abbattimento delle sostanze.
  2. Se i filtri funzionano, si riscontra comunque un notevole accumulo di tali composti negli animali e prodotti alimentari.

La conseguente domanda è: cosa succede nell’uomo?

E, a questo proposito, ci preoccupano le dichiarazioni dei medici per l’ambiente (ISDE) che sottolineano come i PFAS, anche se assunti in dosi modestissime ma continue, possono costituire un pericolo per la nostra salute ed in particolare per i bambini.

In definitiva possiamo continuare ad abbeverare gli animali, che poi entrano nella nostra catena alimentare, con l’acqua dell’acquedotto? Possiamo continuare a berla anche noi quell’acqua?

In data 18 marzo 2015 come M5S abbiamo presentato un esposto alle Procure di Vicenza, di Verona e di Padova dove riportavamo il rischio per la salute, la provenienza di questo inquinamento, il costo a carico della collettività per il filtraggio e le notizie storiche dell’inquinamento che parte dagli anni ’70, facendo notare che la Miteni produceva il PFOA a un costo sei volte inferiore a quello sostenuto dalla DuPont. Abbiamo inoltre chiesto al Procuratore da quanto tempo i vari enti locali, le ULLS e l’Arpav fossero a conoscenza di questo inquinamento. Dalle notizie storiche si evince che sicuramente qualcuno ne era a conoscenza almeno dagli anni ’70. Cosa si è fatto per impedirne la propagazione nell’ambiente e, eventualmente la produzione? Ad oggi non abbiamo ricevuto nessuna notizia dalle Procure.

A distanza di più di due anni non si è ancora fatta chiarezza sulla questione PFAS e soprattutto non si è presa una posizione chiara con la ditta responsabile della contaminazione. A questo punto sorgono tutta una serie di domande:

  • Quanto dovranno ancora aspettare i cittadini per vedere pienamente tutelata la loro salute?
  • Viste le notizie che abbiamo recuperato, chi tiene informati i cittadini sull’andamento della “bonifica”?
  • Chi sta vigilando e monitorando le azioni correttive?
  • A che punto sono le analisi sul sangue dei cittadini della zona interessata?
  • E’ stato eseguito uno studio epidemiologico sulle popolazioni esposte? Se si, perché non vengono divulgati i risultati? Se non è stato svolto deve essere condotto al più presto.
  • Alla luce dei dati non è forse il caso di dichiarare l’emergenza ambientale e sanitaria e chiedere fondi per eseguire studi ancora più approfonditi?

Il problema è allargato non solo all’uomo ma anche all’economia: senza qualità dell’ambiente anche i prodotti agricoli saranno inquinati e dannosi per il nostro organismo. L’Italia è famosa nel mondo per il suo cibo. Un territorio contaminato produce cibo contaminato. Se non conserviamo la qualità del nostro ambiente, non conserveremo il valore aggiunto che rende il nostro cibo così speciale. E tra comprare un pomodoro italiano e un pomodoro cinese non ci sarà più così tanta differenza.

A gennaio 2014 abbiamo presentato una interrogazione parlamentare ai Ministri dell’ambiente e della salute. Il Ministro dell’ambiente rispose che “entro l’estate del 2014 si sarebbe dovuti pervenire alla definizione degli standard di qualità ambientale, per parte dei composti fluorurati”. Ma non successe nulla. Abbiamo dunque presentato una nuova interrogazione, chiedendo un aggiornamento sulla determinazione degli standard, senza ottenere risposta. La gravità della situazione sembra essere inversamente proporzionale all’interesse prestato dai Ministri all’Ambiente e alla Salute, rispetto a questo gravissimo problema ambientale che, per dimensioni e pericolosità, ha assunto la connotazione di un vero disastro. Una terza interrogazione verrà presentata a breve, sul problema della tutela della salute dei cittadini, residenti nelle zone coinvolte.

Noi seguiremo la situazione al nostro meglio. Confidiamo che anche gli enti preposti non abbassino l’attenzione e pongano argine all’inquinamento delle falde.

Enrico Cappelletti (Senato)

Alberto Zolezzi (Camera)

Roberto Castiglion (Sindaco di Sarego) e la sua giunta

Sonia Perenzoni (consigliere comunale Montecchio Maggiore)

Manuel Brusco (consigliere regionale Veneto commissione ambiente)

Jacopo Berti (capogruppo M5S Regione Veneto)

Marco Zullo (europarlamentare M5S commissione agricoltura)

Acque minerali

L'indagine svolta dalla trasmissione Report mette in luce alcune contraddizioni del Ministero della Salute sulla valutazione degli inquinanti nelle acque: alcuni valori limite risultano superiori nelle acque minerali rispetto all'acqua di acquedotto, mettendo in luce come in alcuni casi potrebbe essere meno sicura l'acqua minerale rispetto a quella del servizio idrico.

E' possibile vedere la puntata all'indirizzo http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-7a87bd25-0497-4bbe-bb37-4e0845503e25.html dove è inoltre possibile consultare il risultato di analisi condotto su 32 acque minerali largamente diffuse nel mercato italiano.

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Cosa sono le polveri sottili?

E' l'inquinante che oggi è considerato di maggiore impatto nelle aree urbane, ed è composto da tutte quelle particelle solide e liquide disperse nell'atmosfera, con un diametro che va da pochi nanometri (milionesimi di millimetro) fino ai 500 µm (mezzo millimetro).

PM10 sono le polveri che hanno un diametro inferiore a 10 µm; PM2.5 sono le polveri con diametro inferiore a 2.5 µm; PM0.1 le polveri con diametro inferiori a 0.1 µm, e cosi via. Ovviamente misurare le PM10 significa tenere in considerazioni tutte le polveri di dimensioni più piccole, quindi anche le PM2.5 e PM0.1 eccetera.

La quantità di polveri si misura in µg di polvere per metro cubo d'aria, ovvero µg/m3.

Perché sono pericolose?

Nell'ottobre 2013 lo IARC (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha dichiarato che le polveri sottili sono un cancerogeno certo per l'uomo, inserendolo nella classe più a rischio al pari di diossina e amianto.

Studi epidemiologici hanno evidenziato come:

  • ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 si verifica un incremento del 6% del rischio di morte per tutte le cause;
  • ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 si verifica un incremento del 12% del rischio di morte per le malattie cardiovascolari;
  • nelle donne in età post-menopausale – escludendo quelle con precedenti patologie cardio/cerebrovascolari e le fumatrici – l’incremento di rischio si dimostra ben più elevato: per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 si ha un aumento della mortalità per eventi cardiovascolari del 76%;
  • ogni incremento di 10 µg/m3, si ha un incremento del 40% di adenocarcinoma, un tumore correlato più alle polveri sottili che al tabaggismo.

Le fonti d'inquinamento più pericolose sono quelle che prevedono la combustione, in quanto possono originare sostanze altamente cancerogente come le diossine e gli idrocarburi policiclici aromatici.

Le diossine sono originate anche dalla combustione di legno a temperature basse, sotto i 400 gradi: questo è il motivo per cui le combustioni all'aperto risultano molto periocolose.

Inoltre sono pericolose le combustioni di rifiuti agricoli, domestici e industriali, poiché possono contenere sostanze tossiche che con la combustione vengono generate e liberate in atmosfera: si pensi ad esempio a vegetazione trattata con prodotti fitosanitari, altri rifiuti contenenti cloro, fluoro, arsenico, eccetera.

Cosa stabiliscono gli enti di controllo?

Il Tavolo Tecnico Zonale del 3 dicembre 2014 stabilisce che “è dimostrato che la combustione in loco dei residui vegetali di natura agricola e forestale costituisce un importante fattore di inquinamento da polveri sottili (PM2,5 e
PM10)” e che “nel nostro territorio ... le concentrazioni nell’aria di diossine, furani e policlorobifenili (PCB) rilevate da ARPAV a Moriago, Farra e Sernaglia nella stagione fredda, sensibilmente più elevate rispetto a Treviso città, sono dovute senz’altro anche al ricorso della combustione all’aperto per smaltire i tralci di vite in inverno”, di modo che, a fronte dei conseguenti impatti negativi sulla salute pubblica, “ le evidenze scientifiche oggi disponibili impongono perciò che le autorità sanitarie pubbliche mettano in atto tutte le possibili strategie per limitare l’esposizione della popolazione agli agenti cangerogeni aerodispersi, in particolare le polveri sottili".

Come siamo messi?

  • 19/12/2012: la Corte di Giustizia dell'UE condanna l'Italia per violazione della Direttiva 96/62/CE sulla Qualità dell'Aria;
  • gennaio 2014: ARPAV esegue una serie di monitoraggi della qualità dell'aria nei comuni della pedemontana veneta, individuando una criticità nei comuni di Farra di Soligo, Moriago della Battaglia e Sernaglia della Battaglia, dove la concentrazione di diossine e furani risulta superiore rispetto agli altri comuni della zona e rispetto a Treviso;
  • 30/11/2015: l'EPA, agenzia europea per l'ambiente, stabilisce che "L''inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale per la salute in Europa; riduce la durata di vita delle persone e contribuisce alla diffusione di gravi patologie quali malattie cardiache, problemi respiratori e cancro" ; in Europa ogni anno 432.000 cittadini muoiono prematuramente a causa dell'inquinamento dell'aria, dei quali 84.400 sono italiani, quasi tutti della Pianura Padana.

Rilevazione PM10 presso stazione Arpav di Conegliano

Rilevazione PM10 presso la stazione Arpav di Conegliano

Ordinanze in materia emesse dai comuni del Quartier del Piave

  • Ordinanza 66 del 22-10-2015 del comune di Farra di Soligo, la quale stabilisce che "è sempre vietata la combustione sul luogo di produzione dei residui vegetali agricoli o forestali e, in particolare, dei residui di potatura provenienti da attività agricole o da attività di manutenzione di orti, giardini e vigneti".
    Condizioni per poter bruciare, in deroga all'ordinanza:
    • terreno in forte pendenza, non trattorabile e non accessibile ai mezzi maccanici
    • periodo dal 1 gennaio al 31 marzo 2016 (al di fuori di questo period, non è concesso bruciare)
    • distanza di almeno 30m da abitazioni, edifici di terzi, strade, e 100m dai boschi
    • dalle 8 alle 16
    • presidio costante da un numero adeguato di persone

 

Idrocarburi Policiclici Aromatici

Sono composti organici formati da più anelli benzenici, tipicamente prodotti dalla combustione di legna o di petroli pesanti (diesel e olio combustibile), classificati dallo IARC nella classe I , ovvero sostanze certamente cancerogene, al pari di diossine, amianto, ...,. in quanto in grado di determinare delle mutazioni genetiche che non vengono riconosciute dal nostro sistema immunitario.

Viene monitorata la concentrazione di benzo(a)pirene presso la stazione Arpav di Pederobba.

Rilevazioni ARPAV polveri sottili

Cosa dice l'ARPAV?

Con nota 1087 del 08/01/2015, l'ARPAV scrive:
le emissioni di PM10 derivano principalmente (65%) dal macrosettore non industriale, seguito dal macrosettore dei trasporti stradali con il 18%. Circa il 99% dell'emissione non industriale è attribuito alla combustione domestica di biomasse legnose.
Le emissioni regionali di IPA sono attribuite, quasi interamente (71%) al macrosettore relativo alla combustione non industriale (M02), seguito dall’M04 (processi produttivi) con l’11%, dall’M09 (trattamento dei rifiuti e discariche) con il 9% e dall’M07 (trasporti stradali) con l’8%. Nel dettaglio, le emissioni di IPA dell’M02 sono attribuite per il 94% alla combustione di biomasse (legna) in impianti residenziali, mentre una percentuale leggermente più elevata (98%) è attribuita all’incenerimento di rifiuti agricoli all’interno del Macrosettore 9 (M09).

Sulla base delle considerazioni sopra esposte è evidente che per ridurre le concentrazioni di PM10 e di Idrocarburi Policiclici Aromatici occorre intervenire riducendo prioritariamente le emissioni di tali inquinanti prodotte dal macrosettore 02, derivanti in larga misura dalla combustione di biomassa (legna) in impianti residenziali e parallelamente limitando o vietando le attività di incenerimento dei materiali vegetali, soprattutto nel periodo in cui i valori di Benzo(a)pirene risultano più elevati (da gennaio a marzo e da ottobre a novembre).

Per quanto riguarda l’incenerimento di materiali vegetali, la Legge n. 116/2014 sancisce la facoltà per i Sindaci di sospendere, differire o vietare la combustione di materiali vegetali, in tutti i casi in cui sussistano condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana.

Bruciare rifiuti agricoli all'aperto

E' una pratica in voga negli ultimi decenni, da quando i cittadini hanno smesso di raccogliere ramaglie e sarmenti di vite in fascine per il riscaldamento domestico. Bruciare è facile, ma decisamente dannoso in quanto la combustione all'aperto produce sostanze cancerogene, diossina e IPA, in misura 10-100 volte superiore rispetto alla bruciatura in caldaia.

Ma bruciare i sarmenti di vite è stupido perché, secondo il CRA-VIT, il loro compostaggio con vinaccia o letame consente di ottenere un ottimo fertilizzante che aumenta la produttività di vino del 30%, mantenendo un’ottima performance su zuccheri, flavonoidi e antociani.

Oltre a causare grossi problemi alla salute (secondo l'EPA, l'agenzia europea per la protezione ambientale, in Italia 84.400 cittadini muoiono ogni anno per l'inquinamento da polveri sottili), bruciare le potature crea malumori fra la popolazione, deturpa l'ambiente e danneggia il migliore brand della nostra terra: il Prosecco.

Cosa dice la Legge:

  • il Regolamento Intercomunale di Polizia Rurale stabilisce che la combustione di residui vegetale è vietata. Sono previste delle deroghe per i soli primi 3 mesi dell'anno, per chi ha terreni a pendenza superiore a 45 gradi e non trattorabili, ovvero non raggiungibile dai trattori, a distanza di almeno 30m dalla vegetazione. Pena prevista: da 80 a 480€.
  • il TULPS stabilisce che la combustione deve avvenire a più di 100m dalla vegetazione (dai filari di vite, ad esempio), 100m da edifici e boschi, e deve essere presidiata fino allo spegnimento. Sanzione prevista: da 516 a 3090€. L'art. 59 del TULPS stabilisce che "E’ vietato di dar fuoco nei campi e nei boschi alle stoppie fuori del tempo e senza le condizioni stabilite dai regolamenti locali e a una distanza minore di quella in essi determinata.In mancanza di regolamenti è vietato di dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie prima del 15 agosto e ad una distanza minore di cento metri dalle case, dagli edifici, dai boschi, dalle piantagioni, dalle siepi, dai mucchi di biada, di paglia, di fieno, di foraggio e da qualsiasi altro deposito di materia infiammabile o combustibile.Anche quando è stato acceso il fuoco nel tempo e nei modi ed alla distanza suindicati, devono essere adottate le cautele necessarie a difesa delle proprietà altrui, e chi ha acceso il fuoco deve assistere di persona e col numero occorrente di persone fino a quando il fuoco sia spento."

Vale bruciare ancora le potature, rischiando la multa di 1030€ (1/3 del massimo), peggioramento della salute, farsi nemici i confinanti e denigrando il marchio del Prosecco??

Articolo di Patrizia Gentilini - Fonte: Il Fatto Quotidiano

C’è voluto oltre un mese di continui sforamenti dei limiti per le polveri sottili perché il problema dell’inquinamento atmosferico meritasse le prime pagine dei giornali italiani: ancora una volta però il problema viene affrontato in modo non esaustivo e soprattutto con soluzioni che altro non appaiono altro che “pannicelli caldi” quali quello delle targhe alterne o dello stesso blocco del traffico. Ben pochi – se non il Fatto Quotidiano – ha posto l’attenzione sulla follia dei nuovi inceneritori che si vanno a realizzare o sull’ampliamento di quelli già esistenti, vanificando così tutti gli obiettivi di una corretta gestione dei rifiuti, così pure pochi puntano l’attenzione su una altrettanto folle politica energetica che invece di incentivare l’utilizzo dell’energia solare pensa bene di dare il via libera alle estrazioni petrolifere per terra e per mare.

Blocco del traffico per lo smog a Milano Ma da un punto di vista strettamente medico vorrei ricordare che anche il rispetto dei limiti di legge non tutela in modo adeguato la salute perché purtroppo per le polveri sottili, come per altri inquinanti, non esistono livelli al di sotto dei quali non si verifichino rischi per la salute, specie per bambini, organismi in accrescimento ed ovviamente per persone anziane o debilitate.

Gli studi scientifici ci dimostrano infatti che – al di là degli eventi immediati- l’esposizione a lungo termine alle polveri sottili comporta per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 un incremento del 6% del rischio di morte per tutte le cause e del 12% per le malattie cardiovascolari; addirittura nelle donne in età post-menopausale – escludendo quelle con precedenti patologie cardio/cerebrovascolari e le fumatrici – l’incremento di rischio si dimostra ben più elevato: per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 si ha un aumento della mortalità per eventi cardiovascolari del 76%.

Nessuno poi ricorda che nell’ottobre del 2013 la Iarc (International Agency for Research on Cancer), organo di riferimento dell’Oms, ha dichiarato il particulate matter come cancerogeno certo per l’uomo (I), al pari della polluzione aerea (out air pollution) per rischio di cancro al polmone ed alla vescica e che per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 si ha un incremento del 40% di un particolare istotipo: l’adenocarcinoma, correlato quindi più all’inquinamento che all’abitudine al fumo. Certo, in Cina stanno peggio di noi e di recente proprio in Cina è stato segnalato il caso di più precoce insorgenza di cancro al polmone in una bambina di 8 anni, ma tutto questo non dovrebbe farci riflettere visto che in Italia già si registra una incidenza di cancro in bambini ed adolescenti purtroppo ben più elevata che in altri paesi occidentali? E che dire dell’azione neurotossica degli inquinanti presenti nell’aria, del rischio di diabete di tipo 1 o dell’incremento del 30% di abortività spontanea per l’esposizione ai livelli più elevati di PM10 nelle madri residenti entro 4 km dagli inceneritori dell’Emilia Romagna, come documentato dallo studio Moniter?

Ancora una volta è l’infanzia a pagare il prezzo più alto dei nostri dissennati comportamenti e certamente – più che di regali natalizi – sarebbe molto meglio se lasciassimo ai nostri bambini almeno la possibilità di respirare, ma purtroppo – come a suo tempo affermato da un grande pediatra Bruce P. Lanphear: “A dispetto del grande affetto che noi abbiamo per i nostri bambini e della grande retorica della nostra società sul valore dell’infanzia, la società è riluttante a sviluppare quanto necessario per proteggere i bambini dai rischi ambientali”.

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